Nata da un’idea di Jean-Claude Carrière ben prima che gli scioperi del venerdi di Greta Thumberg mobilitassero milioni di adolescenti di tutto il mondo, la breve, ma efficace commedia firmata da Louis Garrel (interprete, regista e cosceneggiatore, insieme allo stesso Carrière) prende poi strade di commedia parodistica e a volte acida, ma non priva di un sottofondo di riflessione.

Abel e Marianne (Letitia Casta) sono una coppia parigina perfetta rappresentante della borghesia sofisticata e benestante (i cosiddetti bobo): mestieri intellettuali, un bell’appartamento in centro, frequentazioni come si deve, una visione del mondo “di sinistra” ma senza estremismi.Poi un giorno per caso Abel scopre che loro figlio Joseph ha venduto parecchi dei propri ma anche dei loro averi per finanziare, insieme ad altri bambini e adolescenti come lui, un progetto segreto per salvare il pianeta, condannato da inquinamento, sovrappopolazione e cambiamenti climatici. Immediato lo scandalo e l’indignazione dei due genitori (anche se magari di quei preziosi possessi ci si era dimenticati per mesi mentre il ragazzini procedeva con i suoi furti), seguito dalla preoccupazione per il destino del piccolo. E la preoccupazione aumenta quando si rendono conto che il piccolo ladro fa parte di un’enorme “cospirazione” che coinvolge minorenni da tutti i continenti. Tanto radicali (ma anche iper razionali) sono Joseph e i suoi amici (l’amichetta Lucille, figlia di loro conoscenti, ha la ricetta perfetta per combattere la sovrappopolazione: uccidere un adulto su due), quanto, almeno all’inizio, sono cinici e un po’ qualunquisti gli adulti, troppo abituati, forse, agli allarmi, per preoccuparsene più, dato che comunque il futuro sarà una faccenda di altri.
Garrel si ritaglia la parte del padre Abel, che più fatica ad aprire gli occhi sulle preoccupazioni e le iniziative del figlio e si limiterebbe a risolvere tutto con un po’ di attenzione alla spazzatura differenziata, mentre sua moglie Marianne si fa affascinare poco alla volta dal “sogno” dei ragazzi e decide di farsene carico in prima persona.

Realizzata con un piglio decisamente iconoclasta e autoironico e un tocco di utopia (i bambini pianificano di creare un mare in mezzo all’Africa), La crociata è un apologo mignon (dura poco più di un’ora) che non cerca una soluzione realistica al tema ambientale, ma parte da un presupposto estremo per raccontare alla francese i rapporti tra generazioni e specificamente tra genitori e figli, ma pure quelli sentimentali. Perché va bene salvare il mondo ma poi non è che di fronte alla missione scompaiono malintesi e gelosie; e i ragazzini de La crociata hanno una spregiudicatezza tutta francese nelle loro relazioni.

Forse quella ambientale è la “crociata dei bambini” di questo secolo, che come insegnano i precedenti medioevali pecca di ingenuità e rischia il fallimento e la tragedia.Eppure sono loro gli unici, pare dire Garrel, che hanno l’idealismo e l’iniziativa sufficiente per farsi carico di questa impresa impossibile. Quello che toccherebbe agli adulti, invece, è accompagnarli in questo percorso, ma anche in quello altrettanto complicato della maturazione sentimentale, e forse nel frattempo ritrovare anche loro un po’ se stessi.

Laura Cotta Ramosino