James Ivory (classe 1928) è il regista – solo per citare i suoi film più famosi e premiati – di Camera con vista (1985), Casa Howard (1992) e Quel che resta del giorno (1993), il suo ultimo grande successo. Questo film, che purtroppo si avvicina a quei modelli senza eguagliarli, ha fatto tornare a parlare del regista, forse per il coinvolgimento di grandi attori oppure per la triste curiosità di essere l’ultima pellicola prodotta dallo scomparso Ismail Merchant, socio storico di Ivory e candidato quattro volte al premio Oscar. L’azione si svolge a Shanghai tra il 1936 e il 1937. Sullo sfondo la concitazione dei mesi immediatamente precedenti all’invasione della Cina da parte del Giappone; in primo piano la storia dell’incontro tra l’ex diplomatico statunitense Todd Jackson (Ralph Fiennes) e la nobile russa decaduta Sofia (Natasha Richardson). Lui ha perso la vista in un incidente in cui è rimasto vedovo e di cui non ama parlare, lei mantiene la figlia Katia e la famiglia del marito esibendosi come ballerina, accompagnatrice e facendo anche la prostituta in squallidi locali della città. Incontratisi per caso in uno di questi, Todd rimane conquistato dal suo fascino (dal “misto di sensualità e tragedia” che emana) e le offre di lavorare nel suo nuovo locale “La contessa bianca”, sottraendola tra l’altro, all’umiliazione di doversi prostituire. Quando la guerra bussa alla porta, Sofia deve per la seconda volta fuggire (aveva dovuto lasciare la Russia per la rivolta bolscevica) e Todd non riesce a evitare, come sperava, che il suo locale, pensato come crocevia di vicende umane, venga coinvolto dagli stravolgimenti della storia. ,Dramma sofisticato dalla prosa asciutta e dalla struttura solida, La contessa bianca è indicato innanzitutto per gli amanti del bello stile e adatto generalmente a tutti coloro che da un film commerciale di Hollywood ricavano solamente un gran mal di testa. Il film emana, così come la contessa di cui si innamora Todd, un “misto di sensualità e tragedia” e trae forza, dal punto di vista contenutistico, dal fascino delle storie intime che si muovono nel quadro più ampio dii grandi eventi storici: la sceneggiatura è dello scrittore giapponese Kazuo Ishiguro (lo stesso di Quel che resta del giorno) che ha adattato un suo romanzo. La regia sicura di Ivory impedisce al film di scadere negli stereotipi hollywoodiani, inscenando una storia davvero romantica, delicata e avvolgente, di sentimenti più che di passioni, raccontata con buon gusto ed encomiabile senso della misura. Si aggiunga una confezione eccellente (scenografia, fotografia, costumi) ed un cast all british che assicura una tenuta perfetta (oltre ai due protagonisti, le sorelle Vanessa e Lynn Redgrave). Il limite del film è casomai nel ritmo, davvero troppo blando nella parte centrale, dopo che la prima parte ha introdotto i personaggi e prima che l’ultima acceleri gli eventi con l’approssimarsi della guerra. Manca, nella parte centrale, un motivo di conflitto che ostacoli le azioni dei protagonisti (l’handicap di lui e la famiglia di lei funzionano come impedimenti, ma fino a metà film), eppure è proprio nel suo essere smussato agli angoli che il film trova una sua specificità. Proprio per la sua estrema raffinatezza James Ivory è stato definito il più inglese dei registi americani. Il film funziona, e bene, quando mette a confronto queste due solitudini, queste due anime provate dalla vita e dalla sfortuna che si affidano l’una all’altra, trovando nell’amore reciproco la salvezza dalla disillusione e nella voglia di vivere la forza di affrontare il destino, sia pure quello tragico dell’Europa (dove entrambi fanno ritorno) alle soglie della guerra. ,Raffaele Chiarulli,