Dopo anni di film incentrati sull'esistenza del male, Claude Chabrol ritorna ad un complesso ritratto di donna, scegliendo -non a caso- di lavorare con Isabelle Huppert, attrice che ha contribuito a lanciare con Violette Nozière e che ha incoronato alla gloria con il lezioso "Madame Bovary". Con "La commedia del potere" il regista le offre una nuova opportunità: uscire da ruoli di donne perverse o autodistruttive per entrare negli eleganti panni di un potente giudice istruttore a cui capita tra le mani (o meglio tra i guanti rossi, come doveva intitolarsi il film) un caso importante. Il fatto di cronaca a cui il film si ispira è l'affare Elf, ma poco importa la mera cronaca a Chabrol. Da noi potrebbe richiamare alla memoria i tempi di "mani pulite" con la gloria assunta da alcuni esponenti della legge che si trovarono al centro dello show mediale. E così anche Jeanne (come Giovanna d'Arco) Charmant Killman (poliglotto gioco di parole sull'affascinante ammazza-uomini) si ritrova a mettersi in scena in improvvise retate nelle ville degli arrestati e mise-en-abime dei sentimenti privati delle sue vittime. Ma non c'è patetismo, né giudizio morale perchè Jeanne è continuamente messa alla prova da ciò che le accade, tanto da cadere in una sorta di sfinimento mentale che la porterà a dire: 'Ho l'impressione che tutto questo sia un sogno'. ,Forse non è un sogno, ma sicuramente tutto questo è un film –ci dice in un modo sornione lo stesso Chabrol- che, pur scegliendo di affrontare un fatto d'attualità si tiene lontano dal trasformarlo in un film a tesi, adatto ad un approfondimento televisivo. Il cuore della vicenda si sposta invece su che cosa possa causare l'uso ripetuto e crescente del potere in un individuo. Il potere corrotto smascherato, il potere eccessivamente esercitato da Jeanne sul gruppo d'industriali incriminati che andrà a ledere le loro vite private e soprattutto i complessi rapporti che iniziano a profilarsi nell'intimità della protagonista, incapace di comprendere le ansie del marito. Ed ecco che Chabrol ha travestito da film inchiesta, un non comune sguardo sulle relazioni coniugali in cui le mani d'Isabelle finiranno per macchiarsi di quel rosso che i suoi guanti simboleggiano dall'inizio. E tra la costante e lenta avanzata della storia giudiziaria, il regista sottolinea attraverso l'uso di leggeri "decadrages" l'instabilità di una donna tenace, in bilico tra crudeltà e messa in crisi.,Daniela Persico,