Dopo La principessa Mononoke torna al cinema rieditato un altro amatissimo film del maestro Hayao Miyazaki, La città incantata, Orso d’oro al Festival di Berlino 2002 e Oscar come miglior film d’animazione.
La storia ricorda, almeno in partenza, Il mio vicino Totoro: anche qui tutto ha inizio da un trasloco, dalla prospettiva di un intero mondo futuro ancora da scoprire rappresentato dalla nuova casa di famiglia, emblematicamente immersa nella natura e quasi isolata dalla civiltà. Ma dove le bambine di Totoro affrontavano il cambiamento con stupore ed entusiasmo, la protagonista de La città incantata è una ragazzina più grande ed esigente, che all’idea di trasferirsi e conoscere nuovi luoghi reagisce con l’insicurezza della preadolescenza. ,Una sorta di gita esplorativa nei pressi della nuova abitazione si tramuta improvvisamente in un incubo per la giovane Chihiro, che assiste alla trasformazione dei genitori in grassi porcelli e, con loro, si ritrova prigioniera di una misteriosa città fantasma dominata dalla magia. Per liberare mamma e papà e tornare nel mondo normale, Chihiro è disposta a confrontarsi con un’antagonista scaltra e temibile, la maga Yubaba, tirando fuori un coraggio e un’arguzia che forse non sapeva di avere. Ma non sarà sola.
Come sempre (ma qui più che altrove), il regista stupisce gli spettatori con un repertorio di situazioni e personaggi fantastici spesso ambigui o comunque ricchi di sfumature, così lontani dai ritratti nitidi e dai topoi rassicuranti che popolano l’immaginario fiabesco occidentale. Proprio nel rapportarsi con compagni di viaggio buoni ma non privi di debolezze e capaci di sbagliare (e cattivi che alle volte ispirano simpatia), la protagonista conosce l’amicizia, il perdono e l’amore. L’avventura di Chihiro ci dice che si può diventare grandi e acquisire fiducia in sé stessi pur senza tradire il mondo della fantasia e, anzi, che dalla fantasia può provenire un contributo importante alla crescita, intesa come accoglimento della realtà quotidiana, pur con le fatiche e gli imprevisti che essa riserva.
Alcune immagini inquietanti rendono il film non adatto ai bambini più piccoli (che invece indirizziamo verso il già citato Il mio vicino Totoro, dal linguaggio più semplice).
Maria Triberti