Duro mestiere essere la Befana in incognito. Da secoli e da generazioni, Paola Sostegni fa la maestra di scuola elementare, ma a mezzanotte prende il sopravvento la sua seconda natura: l’aspetto diventa molto meno avvenente, le spunta il nasone, gli arti le scricchiolano… E da secoli e da generazioni, ogni 6 gennaio porta i regali e i dolci ai bambini buoni, volando con la sua scopa e passando dai camini. Solo una volta fece uno sfortunato errore: e un bambino rimase senza calza e senza il gioco che aveva richiesto. Venticinque anni dopo, quell’episodio ritorna a galla, quando uno stravagante produttore di giocattoli, che si fa chiamare Mr. Johnny, la fa rapire perché vuol prendere il suo posto. Ma uno degli allievi della maestra Paola vede la scena e avvisa alcuni compagni: insieme, prima scopriranno l’identità segreta della maestra, poi decideranno se correre ogni tipo di rischio per andare a salvarla…
Coraggiosa incursione nel territorio fantasy e family, un po’ all’americana (lo schema è simile a tanti film hollywoodiani, anche nelle caratteristiche dei ragazzi: l’orfano, la ragazzina carina e sveglia, il bullo, il genietto, il ciccione… e si muovono in bicicletta come in ET…) ma con stile italianissimo, La Befana vien di notte nasce da un’intuizione dello sceneggiatore Nicola Guaglianone, che in pochi anni è diventato tra i più quotati in Italia dopo il successo di Lo chiamavano Jeeg Robot scritto con il regista Gabriele Mainetti ma anche di altri film molto diversi tra loro come L’ora legale d Ficarra e Picone, Indivisibili di Edoardo De Angelis e Benedetta follia di Carlo Verdone). Il film si avvale della regia di Michele Soavi, che ha un background horror (debuttò negli anni 90 con Dellamorte Dellamore, ispirato al fumetto Dylan Dog) e conferisce un tocco gotico alla vicenda, e come protagonista di Paola Cortellesi, tra le poche attrici che funziona sempre al botteghino. La Cortellesi è, come sempre, in palla e credibile in un ruolo non facile quanto proprio a credibilità (il fantasy parte ad handicap da noi, l’immaginario è troppo debitore degli analoghi prodotti hollywoodiani): ci mette la sua buffa simpatia (per esempio quando racconta le varie epoche del suo insegnamento in classe, le difficoltà del suo ruolo e l’antipatia per Babbo Natale), la sua eleganza (c’è anche un pizzico di impossibile love story, peraltro un po’ debole), i suoi tempi comici. E il duetto con il “cattivo” Stefano Fresi regge bene, anche se ridere per un congiuntivo sbagliato non è originalissimo.
Ma il film dà ampio spazio anche al gruppo dei sei ragazzini – tutti abbastanza bravi e simpatici – in cerca della loro maestra, per un’avventura che può ricordare analoghi film americani: avventura che si fa seguire bene, pur nell’esiguità dei pericoli, con una serie di “sgherri” caricaturali. Convincono meno i riferimenti al bullismo e agli antichi roghi delle streghe, che suonano forzati, le schermaglie sentimentali tra ragazzini (anche con qualche espressione e scena fastidiosa in un film che vorrebbe essere anche per bambini), i loro litigi un po’ puerili cui seguono le rappacificazioni: e in un film di produzione italiana, in cui la trama è fin troppo semplice e la logica ogni tanto sfarfalla (l’ingenuo fidanzato, ignaro della sua identità, poi capisce in fretta tutto quanto ed entra in azione), è strano che l’azione e gli effetti riescano meglio della definizione dei personaggi. Soprattutto, manca un po’ di “cuore” e di dimensione ideale: se si dice che la Befana esaudisce i desideri dei bambini «per renderli felici almeno una volta all’anno», fa capolino un’idea della vita alquanto negativa, fin dall’infanzia; approccio ben diverso da certi film anglosassoni e americani (tipo I Goonies, per capirci) che raccontano la paura, l’amicizia, i desideri di crescita con maggiore spessore. Magari solo per interesse “commerciale”, si dirà: ma ci sembra peggio, se non insensato, limitarsi in un film per bambini e ragazzi a raccontare una storia senza una prospettiva “forte” (non crediamo lo sia il semplice comportarsi bene tra compagni).
Detto questo, il film è abbastanza gradevole, ben curato negli aspetti tecnici; dovrebbe piacere anche a un pubblico di piccoli (ma non troppo) spettatori. anche se ci rimane sempre l’impressione che questo tipo di produzioni, nonostante l’impegno e anche certi punti a suo favore (bella, per esempio, l’atmosfera che si crea ogni volte che ci si avvicina alla casa della maestra/Befana), continui a non risultarci congeniale e a farci sembrare parenti poveri di chi li fa da tempo e con convinzione. Ma certe scommesse sono da guardare con simpatia, per chi si avventura in terreni poco praticati e quindi non scontati, aprendo la strada a possibili, future produzioni che magari in futuro convinceranno ancora di più.
Antonio Autieri