Jacques Mayano è un corrispondente di guerra, appena rientrato dal Medio Oriente dopo un attentato che ha ucciso un suo stretto amico e collaboratore, e che a lui ha lasciato traumi fisici e psichici. Mentre ancora si interroga sulla sua vita e il suo futuro, riceve un invito da un cardinale francese per incontrarlo in Vaticano. Lì gli viene chiesto di partecipare a una commissione d’inchiesta della Chiesa Cattolica: una ragazza, novizia in un convento di un paesino del Sud della Francia, sostiene che le appare la Vergine Maria. Intorno alle sue dichiarazioni, cui crede anche il parroco del luogo, si è creato un grande movimento di pellegrini e una serie di interessate attività commerciali. Dopo aver constatato quanto la Chiesa vada coi piedi di piombo su questa materia (le apparizioni approvate in quasi mille anni sono in realtà pochissime), Mayano accetta l’incarico e insieme a psicologi e altri sacerdoti si reca sul posto, dove la commissione inizia a scontrarsi con l’aperta ostilità del parroco e dell’entourage che si è creato intorno ad Anna, la giovane delle “visioni”. Ciò nonostante tra il giornalista e la ragazza si crea un legame di fiducia reciproca, che il regista evidenzia confrontando la solitudine dei personaggi: Mayano, messo a dura prova dalla guerra, si sente sempre più estraneo a certe dinamiche del mondo occidentale; Anna è orfana e cresciuta in famiglie affidatarie, e i suoi amici sono tutti ragazzi passati attraverso simili esperienze. Lo stesso remissivo atteggiamento di Anna, che sembra accettare con distacco il ruolo di forzata protagonista di eventi e trasmissioni televisive, fa pensare al giornalista che la ragazza nasconda un segreto.
Ben raccontato, grazie alla sobria interpretazione di Vincent Lindon e alla semplicità di Galatea Bellugi (vista in Il ragazzo invisibile – Seconda generazione di Gabriele Salvatores) nel ruolo di Anna, il film ha alcuni oggettivi pregi, primo fra tutti di evitare toni alla Dan Brown per privilegiare una narrazione asciutta e aderente anche alla realtà delle procedure canoniche, tutt’altro che inclini al sensazionalismo o all’accondiscendenza. Ben riuscita anche la caratterizzazione di Anna, che manifesta una sincerità non priva di una complessità che interroga lo spettatore fin dai primi momenti, come pure la descrizione di alcuni personaggi ambigui che cercano di sfruttare la situazione. Evidentemente non per scopo di lucro, ma con la ferma determinazione di chi vuole essere a tutti costi al centro di un fenomeno metafisico, un desiderio di protagonismo in linea con la società dell’immagine in cui viviamo, e cui non è immune nemmeno l’ambito religioso.
Più debole e frettolosa (nonostante il film duri più i due ore) appare la conclusione, che sembra voler accontentare un po’ tutti e glorificare comunque la scelta di Anna di compiere un sacrificio i cui motivi appaiono deboli, ma che serve a enfatizzare un finale che evidentemente sarebbe stato troppo povero. Ciò nonostante L’apparizione è un film che, per tematica e serietà, merita una visione attenta e spinge all’approfondimento di quel che racconta.

Beppe Musicco