È il terzo capitolo cinematografico di un saga vecchia quasi tre decenni e di incredibile successo nel mondo e soprattutto in Italia, dove ancora i cultori del guerriero dal volto triste non mancano. Facciamo chiarezza, però, perché tra uscite cinematografiche delle ultime stagioni e uscite direttamente per l’home video si rischia di fare un po’ confusione. Ken il guerriero nasce come manga nel 1983 in Giappone dagli autori Buronson e Tetsuo Hara: qualche anno dopo vengono realizzate due serie animate per il mercato televisivo, che riscuotono un notevole successo. Tante le critiche che la serie ricevette, allora come oggi: eccessiva violenza in un immaginario disperato. Critiche condivisibili, almeno in parte: la violenza, poi stilizzata nelle versioni cinematografiche successive, è in gran quantità ma è giustificata almeno in parte dal contesto in cui si muove la produzione dell’anime. E cioè: anni ’80, piena Guerra Fredda, scenari apocalittici assai vicini e d’altro canto sempre più presenti al cinema (in quei primi anni ’80 si chiudeva la saga di Guerre Stellari e usciva il primo, indimenticato capitolo di Terminator). La violenza è solo la conseguenza di un mondo che si immaginava vicino al tracollo. D’altro canto non sempre e non tutti i corti o lunghi “animati” devono far riferimento a un pubblico di piccini. Comunque, sull’onda del grande successo della serie nel 1986, la Toei Animation produsse il primo lungometraggio della serie che arrivò in Italia soltanto nel 1991 con il titolo Ken il guerriero – Il film e solo per il mercato home video. A metà anni ’90 esce poi un film dal vero, il mediocre (inedito in Italia) Fist of the North Star con, tra gli altri, Malcom McDowell. Ancora solo in dvd esce nel 1996 la miniserie Ken il guerriero – La trilogia che rappresenta il seguito della celebre serie originale. A partire dal 2006, poi in Giappone sono usciti altre quattro lungometraggi, ognuno dedicato a quattro personaggi della serie disegnata da Buronson e Tetsuo Hara: La leggenda di Hokuto, La leggenda di Julia, La leggenda di Toki e infine La leggenda di Raoul. Molto complesso da un punto di vista narrativo, ricco di echi cinematografici e letterari, la serie originale degli anni ’80 è un grande cult che non può mancare nelle collezioni di animofili ma anche di appassionati di cinema apocalittico. La quadrilogia recente (solo Hokuto e Raoul, però, sono usciti da noi sul grande schermo) è più curata da un punto di vista tecnico ma inevitabilmente più semplice dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi. Ma almeno rende un’idea di cosa trasmettevano Telecity, Antenna 3 e altre emittenti minori venti anni fa. Da un lato, e questo viene mostrato con particolare evidenza proprio nell’episodio dedicato a Raoul, la connotazione in senso cristiano della vicenda apocalittica. Ken, l’innocente torturato e quasi morto per pura cattiveria umana, ritroverà dopo una lunga avventura e diversi combattimenti il fratello maggiore, perduto e temibile, Raoul potentissimo ma con un punto debole. Non conosce infatti la pietà né l’amore, né soprattutto quella tristezza che Ken ha saputo fare propria. La compassione di un mondo che soffre, la pietà per i deboli, la fedeltà all’amata ma anche a un ideale di giustizia ha sempre mosso Ken in tutte le sue avventure. E dalle vittorie, non infrequenti ma assai sofferte ha imparato – un po’ come Rocky Balboa a cui gli autori guardano con evidenza – il valore della sofferenza, del sacrificio di sé. Come a un certo punto afferma nel film il braccio destro di Raoul, Ken si è fatto carico di tutte le sofferenze del mondo che lo hanno reso forte, forse invincibile. Ed è affascinante osservare come il duello finale tra i due fratelli, anche questo denso di riferimenti biblici, sia la sintesi di due visioni opposte sul mondo: da un lato Ken il profeta e il salvatore, l’uomo dal torace segnato da cicatrici indelebili che rimandano alle stelle, combatte spinto dalla forza e dall’amore degli amici perduti: Toki e Julia, innanzitutto. Ken, l’eroe che lotta con il cuore e gi occhi rivolti al Paradiso. Raoul, imperatore glorioso e orgoglio, l’Invincibile e il Supremo ha soggiogato con la propria autorità un mondo in eterno conflitto. L’ha reso suo, per renderlo pacificato nel sangue, in un’ottica di imperfetta giustizia umana. Al centro del conflitto Julia, la donna senza colpe che ispira amore materno e che cambia il cuore degli uomini tutti, anche dei più meschini. Una Madonna splendida, bianchissima e pura, vera e propria figura di speranza in un mondo dai tratti infernali.,Simone Fortunato