Mai separare nel giudizio forma e contenuto. Spesso capita di trovarsi a film impeccabilmente confezionati ma portatori di un’immagine della vita discutibile o ambigua, così come ci si può trovare di fronte a film grossolani da un punto di vista formale eppure con notevoli spunti a livello di contenuto. Ma il giudizio deve tenere conto di entrambe le dimensioni, formale e contenutistica. Perché tutta questa introduzione? Per dire che ‘John Rambo’ è l’unico film (finora) a voler centrare l’attenzione sulla tragedia della Birmania dove giustamente nel film si ricorda che è in atto un genocidio e che non è una semplice zona di guerra. Da questo punto di vista, come ci ricorda una sovrimpressione iniziale un po’ ad effetto, la crudezza del film è infinitamente inferiore alla crudezza della realtà. Tutto vero. Ma bisogna fare i conti anche con un film, che diversamente da quell’altra, ben più riuscita operazione nostalgica che era stata ‘Rocky Balboa’, più crepuscolare; qui, con ‘John Rambo’ Stallone, visibilmente fuori forma, deve fare i conti con un personaggio monolitico e assolutamente poco malleabile come il veterano di guerra sopravvissuto alla tragedia del Vietnam. E così il film sembra a tratti una brutta copia del precedente ‘Rambo III’, uscito nel 1988 e dedicato al “valoroso popolo afgano”. Molta violenza, psicologia ridotta al minimo, alcuni dialoghi che sembrano usciti dai film muscolari degli anni ’80 (“Meglio morire per qualcosa che vivere per niente” ). Tutto sa un po’ di vecchio anche se si avverte che lo spirito è sincero. Stallone ha dichiarato di aver fatto questo film per soldi ma anche per denunciare la situazione nella Birmania. Del resto il personaggio di Rambo è nato innanzitutto come personaggio di denuncia, nel primo e veramente riuscito episodio in cui Rambo era un reduce dal Vietnam disadattato e con qualche problemino psicologico. Nei successivi episodi più muscolari e decisamente meno introspettivi Rambo è diventato invece un supereroe che ha attraversato e a suo modo incarnato l’ultimo tratto della Guerra Fredda, un eroe vigorosamente anticomunista e che affascinava proprio per il suo essere tutto d’un pezzo, per sapere essere dalla parte giusta e per non vergognarsi di fronte all’utilizzo della nelle circostanze di pericolo. E’ quindi interessante vedere come oggi, a distanza di vent’anni da ‘Rambo III’ e a ventitre dall’omologo anticomunista ‘Rocky IV’, in circostanze completamente mutate torni Rambo, con il suo nome e cognome ingombrante. Torni e trovi la sua antica vocazione: quella di riparare i torti con il mitragliatore. Ce lo saremmo aspettato in una versione “antiterrorismo islamico” in Iran contro Ahmadinejad e o Afghanistan, a caccia di Bin Laden, ce lo ritroviamo armato di rosario e di mitra a spazzare ancora una volta una dittatura sanguinaria.,Simone Fortunato