Tony Stark (Robert Downey Jr.) è un bevitore, un giocatore d’azzardo, un playboy di fama internazionale che preferisce attardarsi ai tavoli dei Casinò di Las Vegas piuttosto che ritirare un importante premio. Perché Tony Stark è anche un miliardario proprietario di una delle maggiori industrie belliche americane, un genio della meccanica e dell’elettronica, un uomo capace di progettare sistemi di distruzione che dovrebbero rendere l’esercito americano potenzialmente invincibile. Ma dopo essere stato catturato da un gruppo terroristico tra le montagne dell’Afghanistan ed essere scampato grazie a un’armatura da lui stesso costruita, Stark decide che la sua corporation non dovrà più occuparsi di armi. Lui solo, lavora a un nuovo modello di armatura che lo renda invulnerabile e potente come un esercito (e anche come l’aviazione, visto che vola). È Iron Man, l’uomo d’acciaio, in grado di vendicarsi dei cattivi (che non hanno solo la barba e la faccia da Arabi, ma si nascondono anche nel consiglio d”amministrazione delle industrie Stark) e di combattere per la giustizia.
Ma Iron Man, tratto dall’omonimo fumetto della Marvel, non è solo un film di muscoli, spari ed effetti speciali (nonostante ce ne siano in abbondanza in una produzione costata 180 milioni di dollari). C’è anche del romanticismo, visto che Tony Stark/Iron Man è amato devotamente dalla sua assistente Pepper, interpretata da Gwyneth Paltrow, forse nella sua interpretazione più efficace dai tempi di Shakespeare in Love. Fedele al punto giusto alle storie di Jack Kirby e Stan Lee (che come sempre, appare nel film in un cameo), pur spostato in tempi e luoghi diversi, Iron Man incarna molti dei dubbi degli americani odierni riguardo alla guerra e al coinvolgimento degli Stati Uniti, pur rimanendo fedelmente schierato con la patria e la bandiera. Un’ultima menzione per l’ottimo Robert Downey Jr., che in alcuni momenti, per modi e aspetto, ricorda l’Al Pacino degli anni ’70.
Beppe Musicco