Lo spunto dichiarato del film è tutto nel titolo, quell’”Io, Robot”, la prima raccolta di racconti dello scrittore Isaac Asimov che “codificò” il ruolo degli automi nella moderna fantascienza. Asimov ebbe l’idea delle tre leggi della robotica (I. Un robot non può far del male a un uomo, né deve permettere che ciò avvenga. II. Un robot deve sempre obbedire agli uomini, purché questo non contrasti con la I legge. III. Un robot deve proteggere la propria esistenza, compatibilmente con la I e la II legge), ma il legame col film si interrompe qui. Perché Alex Proyas (suoi “Il Corvo” e “Dark City”) inventa ex novo una vicenda ambientata a Chicago nel 2035, in cui il poliziotto Will Smith non riesce a nascondere la sua insofferenza verso i robot, comuni ormai quanto le lavastoviglie o gli aspirapolvere, e in fondo un po’ di ragione ce l’ha. Più che la trama, in fondo molto “classica” (un buono, un cattivo, una bella, un cadavere), il film colpisce positivamente per altri motivi: in primis è realizzato con grande cura ed effetti speciali che rimandano a “classici” delle scorse stagioni come “Minority Report” o “Matrix”. Mai stucchevoli o ridondanti (vedi gli ultimi “Star Wars”), si inseriscono molto fluidamente nel film e contribuiscono ad accelerarne il battito e a dare maggior realismo a un futuro che sembra prossimo (ma penso che per vedere delle Audi come quelle del film bisognerà aspettare un po’ oltre il 2035). L’altra cosa che impressiona favorevolmente è che Will Smith ormai è diventato un attore carismatico, che può tenere la scena anche senza la presenza di Gene Hackman o Tommy Lee Jones, dotato di umorismo senza essere ridicolo, capace anche di battute alla Terminator. “Io, Robot” forse non ha la stessa complessità e il coinvolgimento morale di “Minority Report”, ma è un ottimo esempio di fantascienza e di intrattenimento per tutti, qualità piuttosto rara di questi tempi.,Beppe Musicco

Io, Robot
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