Intrigo internazionale è una spy story che somiglia molto a una commedia degli equivoci. Cary Grant interpreta Roger Tornhill, che tra fraintendimenti di ogni tipo si ritrova ad essere dapprima il bersaglio privilegiato di una banda di non ben precisati malavitosi e successivamente un presunto omicida ricercato dalla polizia. La vita di Tornhill è sconvolta da un momento all’altro e si trasforma in una fuga incalzante alla ricerca di un certo George Kaplan, l’uomo per cui è stato scambiato. Condividendo in un certo modo lo smarrimento del protagonista, siamo trascinati con grande rapidità da una situazione all’altra, senza mai sapere cosa potrebbe aspettarci, perché il regista evita sapientemente ogni convenzione narrativa.
È un racconto dichiaratamente assurdo, a partire dal titolo originale North by Northwest, ovvero una direzione che non esiste sulla bussola ed è dunque inafferrabile: il fantomatico Kaplan, ma anche il fulcro stesso dell’intreccio, ovvero le motivazioni dei rapitori (chi sono? da dove vengono? cosa vogliono?) che non sono mai espresse apertamente. Infatti, secondo uno schema tipico hitchcockiano, ciò che è essenziale per i personaggi è messo in secondo piano, perché non corrisponde a ciò che deve importare al pubblico; inoltre, non è necessario aggiungere dettagli allo scopo di conferire realismo ad un genere, lo spionaggio, che spesso non è realistico. Conta l’intrattenimento, ciò che tiene lo spettatore incollato alla sedia, e Hitchcock si dimostra per l’ennesima volta maestro in questo campo, perché grande conoscitore dei meccanismi della suspense: celebri in particolare due scene, quella del protagonista inseguito da un aereo, e quella finale, un crescendo di tensione sullo sfondo suggestivo del monte Rushmore (ricostruito in studio). Il tutto condito dall’ironia di Cary Grant, convincente nel rendere i continui mutamenti di un personaggio dapprima innocuo, poi quasi inetto, in seguito furbo e infine eroico: in linea con gli intenti del film, non si prende mai troppo sul serio, e per questo ne esce vincente.
Candidato a tre premi Oscar (sceneggiatura originale, montaggio, scenografia); quell’anno, però, Ben Hur sbaragliò tutti i concorrenti.
Maria Triberti