Non raccontiamoci storie, i film come questo si guardano più per la qualità degli effetti speciali che per trovare qualche profondo messaggio esistenziale, sottigliezza drammaturgica o profondità psicologica. C’è, invece, qualcosa di confortantemente prevedibile nei film catastrofici: sarà il fatto che non è così difficile prevedere il destino dei personaggi (i quattro studenti che nel prologo saltano la cerimonia dei diplomi per farsi una bevuta e pomiciare sono vittime predestinate dalla seconda battuta, idem per il cameraman vigliaccone), o che i legami familiari, all’inizio canonicamente problematici, finiscono sempre per trionfare, mentre la comunità trova più o meno sempre un leader a guidarla oltre la rovina.,Qui una sceneggiatura piatta e parlatissima, che di originale ha solo il tentativo di ammiccare ai teenager con una mescolanza di linguaggio televisivo (le interviste in macchina con il pretesto della “capsula del tempo”) e il moltiplicarsi dei punti di vista con riprese fatte da telecamere, videocamere, telefonini e ogni altro mezzo a disposizione. La presenza tra i personaggi di una sorta di documentarista delle tempeste fa venire in mente anche certi programmi dei canali tematici con figure analoghe, mentre i due cretini di paese che documentano l’impossibile con i loro telefonini fanno il verso ai tanti omologhi su youtube.,I personaggi sono descritti al minimo sindacale e infatti, a parte la sorprendente presenza di Richard Armitage (il nano Thorin de Lo hobbit, qui irriconoscibile e nei panni di un eroico vicepreside troppo severo con i figli adolescenti), il cast è formato da semisconosciuti attori televisivi. Niente di male se non ce li si ricorda un minuto dopo averli visti, non sono loro a dover essere memorabili, quanto le trombe d’aria sempre più mostruose con cui si devono confrontare. Si parte da un tornado tutto sommato “naturale” per proseguire con uno incendiario (complice una perdita di benzina), uno sciame multiplo e finire con la madre di tutti i tornado, in un crescendo di esasperazione che non teme il ridicolo.,Dimenticatevi il Kansas di Dorothy ne Il mago di Oz (qui, nonostante la zona e i ripetuti accenni ai pericoli dei cambiamenti ambientali, giusto per aggiungere un luogo comune, nessuno sembra fornito di rifugio), ma anche i battibecchi tra Bill Paxton ed Helen Hunt in Twister; qui i momenti di pace tra un tornado e l’altro sono fatti per ribadire l’ovvio e mettere in piedi qualche inutile discorso motivazionale. ,Seguendo la ricetta perfezionata dai Transformers di Michael Bay, ma con minori mezzi e nemmeno la sua genialità per lo spettacolo, scrittore e regista inanellano una serie di momenti di emergenza in cui lo spettatore più godersi, da tutti i possibili punti di vista, lo spettacolo di persone e cose (a un certo punto anche un bel gruppo di aeroplani) sollevate verso il cielo dalla furia della natura. Non molto diverso da certi spettacoli da lunapark ma finché al cinema non venderanno lo zucchero filato di gran lunga una scelta peggiore.,Laura Cotta Ramosino,

Into the storm
Un gruppo di “cacciatori di tornado” trova pane per i suoi denti quando la pacifica cittadina di Silverton viene colpita da una terribile tempesta…