Daisy e Viola, appena maggiorenni, sono unite per la vita. Letteralmente, perché sono gemelle siamesi e le unisce un pezzo del bacino; e perché vivono in simbiosi, tanto che se mangia o beve troppo una finisce che magari sta male l’altra. E umori, gioie e tristezze passano dall’una all’altra, che pure intimamente sono molto diverse. Hanno una bella voce e queste le rende delle piccole grandi star in un giro di feste popolari, battesimi, comunioni, sagre: una bella coppia di ragazze belle e brave a cantare, ma certo l’interesse per loro è anche dovuto alla particolare condizione fisica. Un fenomeno da baraccone, insomma, che attira gente curiosa e superstiziosa e che è tenuto su da una famiglia completamente dedita al loro business, cui sono interessati anche un losco sacerdote e un discografico spregiudicato. Indivisibili, Daisy e Viola, come cantano in uno dei loro successi maggiori. Ma se invece si potessero dividere con un’operazione, possibilità di cui sono state finora tenute all’oscuro? Potrebbe essere la libertà, o forse la rottura drammatica con tutto il loro mondo. Anche perché i soldi dell’operazione la famiglia non li metterebbe mai…
Calato in un contesto di squallore – quello della Campania del malaffare, sordida e disperata, volgare e trash – che ben si sposa con la vicenda, il terzo film di Edoardo De Angelis è stato molto apprezzato alle Giornate degli Autori di Venezia 2016, sezione autonoma della Mostra veneziana, ed è stato a un passo da una clamorosa segnalazione per rappresentare l’Italia all’Oscar in lingua straniera 2017 (battuto per un solo voto da Fuocoammare). Come nei precedenti Mozzarella Stories e Perez., De Angelis continua la sua crescita e conferma la capacità di centrare storie ambientazioni, calcando però sempre un po’ troppo su toni e situazioni: un po’ più di controllo esalterebbe maggiormente le vicende raccontate, e qualche grevità in meno non guasterebbe. Indivisibili però è una storia più forte e ricca di spunti e simboli: l’immagine delle due sorelle siamesi – galline dalle uova d’oro per un padre sfruttatore – che caratterizza tutto il film è visivamente potente e umanamente toccante. E quando un medico introduce il dubbio nelle due ragazze (soprattutto in una delle due, più coraggiosa e ribelle), il film fa esplodere nella storia la voglia di fuga da quel mondo asfittico e mefitico delle due protagoniste, interpretate in maniera eccezionale dalle giovani esordienti Angela e Marianna Fontana. Una storia – di libertà e di paura, di possesso e di frustrazioni – che fa breccia nel cuore dello spettatore e ci rimane, nonostante i difetti e un finale meno incisivo di quanto poteva essere.
Antonio Autieri