In un anno che di certo non passerà alla storia per i suoi bei momenti, ci tocca ahinoi anche piangere la scomparsa di Sean Connery, avvenuta oggi all’età di 90 anni.

Molto più che un bravo attore, lo scozzese – era nato a Edinburgo nel 1930 – verrà (speriamo) a lungo ricordato per la versatilità delle sue interpretazioni, sempre però improntate al fascino virile che la sua figura esprimeva. Diventato globalmente famoso per i sette film della serie 007 ispirati ai romanzi di Ian Fleming (dal 1962 al 1967, con abbandono del ruolo di James Bond e ritorno momentaneo nel 1971), ai quali diede indubbiamente una sorta di marchio di fabbrica: bello, alto elegantissimo, charmant, irresistibile e mettete voi tutti gli altri aggettivi, Connery non era e non voleva essere solo questo, al punto di rifiutare per anni di riprendere un ruolo che gli veniva continuamente offerto, e chiudendo con Mai dire mai nel 1983. Sicuramente il James Bond più famoso e iconico.

I film in cui abbiamo l’occasione di ammirare il suo talento senza la copertura dell’agente segreto sono tanti, almeno a partire nel 1964 come protagonista di Marnie di Alfred  Hitchcock. Poi lavorando per Sidney Lumet nel 1965 in La collina del disonore, nel 1973 per Riflessi in uno specchio scuro, e ancora l’anno successivo per Assassinio sull’Orient Express. Indimenticabile il suo ruolo di capotribù arabo ne Il vento e il leone di John Milius a fianco di Candice Bergen nel 1975 e nello stesso anno a fianco di Michael Caine ne L’uomo che volle farsi re di John Huston, dal racconto di Rudyard Kipling.

Qualsiasi film interpretasse (anche i più improbabili come Zardoz di John Boorman nel 1974) Connery riusciva sempre a dare un tono personale, non necessariamente “macho”; anzi, a volte anche malinconico, come nel memorabile Robin e Marian di Richard Lester a fianco di Audrey Hepburn (1976). L’elenco è ancora lungo e ogni film meriterebbe di essere rivisto e commentato.

Noi lo ricorderemo sempre nei panni del coriaceo Jimmy Malone, l’agente irlandese di Chicago devoto a San Giuda, che cade per difendere la missione dei suoi colleghi in The Untouchables – Gli intoccabili(1987) di Brian De Palma, un ruolo solo apparentemente secondario, tanto ricco di umanità e personalità da fargli vincere l’Oscar per il miglior attore non protagonista. Nella stessa decade Connery dimostrò di sapersi prendere in giro prestando il volto al padre studioso e un po’ svanito di Indiana Jones nel terzo film della fortunata serie, Indiana Jones e l’ultima crociata (1989) e solo un anno dopo brillando per autorevolezza e dignità  a Marko Ramius, il comandante del sommergibile in fuga di Caccia a Ottobre rosso (1990), l’ultimo grande film dell’epoca della Guerra Fredda. Tra i suoi ultimi ultimi film, il divertente Entrapment di Jon Amiel (1999), in coppia con Catherine Zeta-Jones, e un film bello e pieno di significati anche educativi come Scoprendo Forrester di Gus Van Sant.

Fedele a un cinema più popolare che sofisticato, aveva regalato- tra i tanti suoi personaggi indimenticabili – la sua inimitabile ironia a Ramirez, il mentore di Highlander – L’ultimo immortale (1986). E forse tutti noi ci auguravamo un po’ che lo fosse anche lui…

Addio Sean, ci mancherai.

Beppe Musicco