Inizia con una scena da film americano, che ricorda film come Americani o A un km da Wall Street. Solo che al posto di Alec Baldwyn o Ben Affleck (memorabili i loro monologhi per minacciare i venditori poco capaci delle proprie aziende), c’è un’inquietante Isabella Ferrari, nel ruolo di una capoarea di un’azienda farmaceutica di primo piano: la sua durissima requisitoria a un informatore medico (ovvero chi cerca di consigliare ai medici determinati farmaci: è il reato di comparaggio) che non riesce più a ottenere risultati avrà un esito tragico.,Si sente fisicamente la paura, tra le persone che lavorano per la Zafer (e non sembra casuale che il nome della casa farmaceutica sia identico al sinistro luogo dove si svolgevano le vicende di Todo Modo di Elio Petri), giovani e meno giovani: minacce, pressioni psicologiche, licenziamenti. Il protagonista, Bruno (interpretato da un ottimo Claudio Santamaria), ci appare come un “venditore di medicine” sicuro di sé ed efficiente: ha amici medici che da anni accettano da lui regali di vario tipo (smartphone, tablet, viaggi in alberghi di lusso magari camuffati da congresso scientifico) in cambio di prescrizioni dei farmaci proposti da lui. Suadente, simpatico, ma anche minaccioso quando serve se qualcuno non rispetta i patti (come una donna con cui ha avuto una storia). Bruno, come gli altri, deve in effetti garantire all’azienda standard precisi, non può perdere colpi; ma la crisi e i licenziamenti iniziano a intimorirlo, e allora punta sempre più in alto, ai cosiddetti “squali”: dottori che valgono molto, magari perché sono primari in ospedali o sono medici della mutua con un migliaio di assistiti, ma che non accettano condizionamenti. Però la fortuna sembra voltargli le spalle, perché inizia a incontrare sulla sua strada dottori integerrimi e quindi “rompiscatole”. Sarà mica stanco anche lui, magari “scoppiato”, secondo le formule aziendali che indicano brutalmente chi non riesce a stare al passo? Senza contare il suo “privato”: sempre più dipendente lui stesso da farmaci “pesanti” prescritti dall’amico medico, vive male anche il rapporto con una moglie che vuole un bambino e ha smesso di prendere “precauzioni”… Anche su questo terreno, Bruno sarà disposto a tutto pur di arrivare ai suoi obiettivi.,Il venditore di medicine è una dura requisitoria contro un sistema descritto come marcio, tra complicità, convenienze, reati veri e propri (anche prescrizioni di farmaci che non servono, se non dannosi), cinismo diffuso sulla pelle dei malati che sono vittime non considerate di azioni scellerate. Non abbiamo gli strumenti per giudicare se quanto tale denuncia sia equilibrata o, al contrario esagerata (lo sfondo è davvero cupissimo); e certo alcune drammatizzazioni – il suicidio del collega, l’amico che si è ammalato gravemente per aver fatto la “cavia”, le decisioni di Bruno rispetto alla possibile gravidanza della moglie, il solito politico discutibile – sembrano fatte apposta per polarizzare il pubblico in un’adesione netta e indiscutibile o in un rifiuto di uno scenario troppo fosco. C’è da dire che il film di Antonio Morabito è ben scritto, recitato ottimamente (oltre che dai citati Ferrari e Santamaria, anche da alcuni comprimari ben scelti; e c’è pure un inedito Marco Travaglio credibile nei panni di un primario solo apparentemente integerrimo) e con il ritmo incalzante del thriller di denuncia. Forse la camera che sta troppo addosso ai personaggi, se aumenta il tono concitato e angoscioso, denota anche una povertà di budget (la produzione ha dichiarato le difficoltà nel reperire finanziamenti e ospitalità dal mondo della sanità, a causa della storia raccontata) e i pochi personaggi sulla scena. E il finale lascia un po’ a desiderare (soprattutto per la vicenda coniugale, che suona un po’ artefatta). Ma come opera prima di finzione, dopo tanti corti e documentari, lascia ben sperare per un autore – ha scritto anche la sceneggiatura insieme a Michele Pellegrini e al produttore Amedeo Pagani – con forte consapevolezza espressiva e buona padronanza del mezzo, che certo non si è fatto spaventare dal sentiero irto di rischi del film di denuncia. Sarebbe bello vederlo alle prese con un film ancora più ambizioso, con maggiori possibilità produttive per poter verificarne le capacità.,Antonio Autieri