Thriller interessante solo nella fase preparatoria ma clamorosamente fuori fuoco nella restante parte. È prodotto dal Rodrigo Cortés di Buried e proprio con Buried condivide l'ambizione, in questo caso di matrice hitchcockiana, di girare un film di tensione nel rispetto delle tre regole aristoteliche di unità di luogo, tempo e azione privilegiando i meccanismi classici del thriller, suspense e sorpresa più che sulla verosimiglianza della vicenda. Insommma: si guarda al caro vecchio inimitabile Alfred e anche ai suoi film più sperimentali e complicati da girare come il caso dello splendido Nodo alla gola, giallo secco e senza fronzoli girato con (quasi) un unico piano sequenza. ,L'inizio è promettente. Un giovane pianista (Elijah Wood) prende un aereo per volare a Chicago dove lo aspetta un concerto impegnativo, il suo ritorno in scena dopo clamorosi errori nell'ultima esibizione avvenuta cinque anni prima. Il giovane talento è visibilmente preoccupato: dapprima si agita sull'aereo; poi, sceso in aeroporto, riceve una telefonata dalla fidanzata – una famosa star cinematografica, tutta eccitata per l'esibizione della serata – che lo getta ancora di più in una frustrazione angosciante. Infine, arrivato a teatro, il pianista è accolto da sguardi sospetti dal personale e dagli orchestrali che ben si ricordano la figuraccia di qualche anno prima. Insomma, niente di buono in arrivo. Tanta paura, tanta angoscia, parecchia inquietudine. E una regia – dello spagnolo Eugenio Mira – che usa movimenti fluenti della macchina da presa, lunghi piani sequenza, creando ritmo e preparando lo spettatore a qualcosa di preoccupante che inevitabilmente succederà. Poi, proprio come era successo con Buried che reggeva quanto a tensione e ritmo per appena un terzo per poi afflosciarsi su se stesso, il film comincia a sbandare. Inizia l'esibizione: Tom Selznick, il pianista, riceve lo spartito su cui dovrà suonare da uno strano uomo della sicurezza. E sullo spartito ci sono indicati, tra le varie note, le istruzioni da seguire segnate a mano da un misterioso personaggio che, nascosto tra il pubblico, tiene sotto tiro Tom, la fidanzata e il pubblico intero. ,Un po' come nel ben più riuscito In linea con l'assassino di Joel Schumacher, anche quello segnato da una decisa ispirazione hitchcockiana, tutta l'azione si svolge in un unico luogo. Nel film di Schumacher il protagonista Colin Farrell era costretto a interagire con un maniaco omicida dentro una cabina telefonica, ora siamo invece davanti a un pianoforte e per di più durante un concerto importantissimo. Ce la farà il nostro eroe a salvare capra e cavoli? Eseguire senza errori la partitura e salvare se stesso e la bella fidanzata? Soggetto interessante sulla carta, complicatissimo da dirigere e far digerire al pubblico. Che in effetti faticherà a farsi prendere dalla vicenda a causa di tanti, troppi momenti inverosimili, a partire dall'entrata in scena dello spartito maledetto, e crederà sempre di meno a quello che avviene in scena, non aiutato da una sceneggiatura che gioca malissimo le proprie carte sui cattivi, monodimensionali e mai efficaci, sui deboli personaggi secondari (la coppia di amici dei protagonisti, usata in modo assai prevedibile ai fini della storia) e intasa la vicenda di svolte sempre meno verosimili; fino all'ultima, una resa dei conti davvero grossolana. Difetti gravi, di struttura e coesione narrativa che condizionano tutto e penalizzano anche le cose migliori: il povero Wood, sempre meno credibile nei panni del pianista stritolato in una vicenda kafkiana, e la regia di Mira che deve rifugiarsi in virtuosismi della macchina da presa comunque poco efficaci per compensare la sensazione di già visto e l'inverosimiglianza notevole che percorre tutto il film.,Simone Fortunato,

Il ricatto
Durante un concerto un pianista viene ricattato da uno spettatore.