Il film di Francesco Munzi è una di quelle pellicole in cui la riduzione di ogni discussione alla semplice trama porta fuori strada. La vicinanza della storia con fatti di cronaca, soprattutto quelli che coinvolgono persone di nazionalità rumena, ha portato non pochi commentatori a parlare di film che porta acqua a tesi “leghiste” o nella migliore delle ipotesi, considerando la “buona fede” progressista del regista (e i suoi lavori precedenti, anche documentari) di ingenuità goffa e controproducente: pur non volendo “dare addosso” a stranieri e clandestini, lo avrebbe fatto senza nemmeno accorgersene. La cosa curiosa è che per alcuni critici che scrivono queste cose, ‘Il resto della notte’ è “tecnicamente” un bel film… Tipico modo di ragionare scisso: della serie, il regista è bravo, sa raccontare, i personaggi sono credibili ma politicamente si presta a strumentalizzazioni; insomma, fa il gioco del nemico…,Non condividendo questo modo di ragionare, ci limiteremmo ad analizzare il film. Partendo da una considerazione: al secondo lungometraggio di finzione (il primo fu ‘Saimir’), Munzi dimostra di essere già un ottimo regista. Sa costruire e raccontare ambienti, tensioni, storie. E se un paio di personaggi sono poco definiti con il rischio di indulgere in qualche stereotipo (soprattutto il marito “borghese” e la sua amante), il resto è credibile e realistico. Con uomini e donne che sembrano davvero uscire dalla vita reale, tanto sono credibili i gesti, le frasi, certi scatti, persino le inflessioni naturali e mai marcate (bravissimo su tutti, il “tossico” Stefano Cassetti).,Nella famiglia Boarin, il marito è assente, preso dal lavoro ma (lo vediamo presto) anche da una giovane amante; la moglie, Silvana (Sandra Ceccarelli, nel consueto ruolo di donna in preda a nevrosi, ma con una maturità in più), vive tra mille tensioni e paure, soprattutto a causa di una colf rumena, per altro gentile (tanto da ingraziarsi la figlia adolescente dei Boarin), che lei sospetta aver rubato degli orecchini preziosi, dal punto di vista economico e affettivo. La cacciata di casa della lavoratrice straniera appare in platea un’ingiustizia: ma prima che si insinui il sospetto di trovarci di fronte a un regista “politically correct” (di quelli che, e ce ne sono tanti, sostengono che stranieri e clandestini non fanno mai nulla di male, e quando lo fanno sono costretti dalle condizioni in cui gli italiani li tengono), scopriremo che le cose sono andate diversamente da come parrebbe… Tanto che Maria (Laura Vasiliu, attrice del film rumeno ‘4 mesi, 3 settimane e 2 giorni’), tornata da Ianut, l’ex fidanzato appena uscito dal carcere, tenterà di vendere la refurtiva; e magari poi organizzare in quella casa un furto di maggiori dimensioni. Con l’aiuto di Marco (altro elemento della storia che spiazza), un italiano tossicomane e borderline, separato dall’ex moglie e arrabbiato con lei perché vede poco il figlio (con cui non è capace di stare cinque minuti), razzista e violento.,Il senso di tragedia incombente segna la visione di ‘Il resto della notte’, che non è un trattato sociologico sul tema del momento (cosa impossibile, considerati i tempi di ideazione e lavorazione di un film: il progetto è partito tre anni fa), ma uno sguardo angosciato sull’impossibile comunicazione tra mondi distanti e diversi, dove le magagne sono ovunque. Nelle case dei ricchi, assediati dalla paura e in cui ognuno vive da solo, staccato dai componenti della propria famiglia, e in quelle dei poveri, stremati da condizioni di miserie e che aggressivamente vorrebbero prendersi con la forza una parte di quella ricchezza. Come per ‘Gomorra’ di Matteo Garrone, anche il film di Munzi (anch’esso a Cannes 2008, nella sezione indipendente Quinzaine des réalisateurs) non contempla vie di fuga, possibili redenzioni, personaggi che si riscattano. Uno sguardo impietoso e sicuramente pessimista, che si traduce in una regia è essenziale come la storia richiede. E non si sovrappone mai alla durezza delle vicende narrate ma le accompagna con pudore e incisività al tempo stesso. Ma i fatti che raccontano esistono, innegabilmente. Conforta almeno l’assenza di pregiudizio ideologico e di buonismo da quattro soldi. E l’amara ammissione che il male, in questa triste vicenda, lo commettono tutti, italiani e stranieri, poveri e ricchi. Forse perché, salvo riscatti che vengano da fuori di sé, il male è insito in ognuno.,Antonio Autieri