Cyril è solo un ragazzino, ma ha ben chiaro cosa vuole dalla vita: ritrovare suo padre e riavere la bicicletta che questi gli aveva regalato e che ora è sparita. Cyril vive in un istituto, non si sa neanche se abbia una madre; e il padre, lo scopriremo presto, non ha alcun interesse nei confronti di suo figlio, né della bicicletta cui tanto tiene. L’unica persona che dimostra un’inaspettata generosità è Samantha, giovane parrucchiera cui Cyril si è letteralmente aggrappato cercando di fuggire dall’istituto e che ora trascorre con lui i fine settimana. Non senza difficoltà anche personali, visto il carattere selvaggio di Cyril e il fascino che esercitano su di lui le cattive compagnie.

I fratelli Dardenne (L’enfant, La promesse) ci hanno abituato a vicende scarne, concentrate su pochi personaggi. Storie di ordinaria durezza, alle quali è solitamente negato anche il conforto di una colonna sonora. Ma, che al tempo stesso e nella loro essenzialità, ci strappano dalla distrazione e ci impongono, quasi a forza, questioni ineludibili sull’esistenza e il destino che accomuna gli uomini. Il ragazzo con la bicicletta non a caso ricorda molto Pinocchio, una delle fiabe più belle e ricche di metafore sulla condizione umana: la ricerca di un padre, il conforto di una figura femminile che al tempo stesso è giudizio sulla vita, la distrazione, il male di chi approfitta dell’infanzia, ma anche l’ipocrisia dell’adulto, che pretende ma evita le responsabilità. Quel che accade a Cyril, sempre in sella alla sua amata bici, non avviene però nel paese dei balocchi, ma – come sempre nei film dei Dardenne – nella loro nazione, il Belgio di oggi, che potrebbe essere un qualsiasi paese dell’Occidente contemporaneo. Il contrasto tra Cyril e Samantha, la loro fatica di doversi misurare con se stessi e con gli altri, sono una delle prove più significative di un amore difficile e sincero, dal quale non si può più scappare in sella a una bicicletta.

Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 2011.

Beppe Musicco