È l’handicap dei rispettivi figli – che frequentano lo stesso istituto – l’occasione per Diego di conoscere a Roma il siriano Walid. Ma se Diego è freddo e distaccato rispetto a un figlio che sembra non amare proprio a causa del suo limite fisico, il neo amico arabo è un padre premuroso, capace di un amore profondo e senza riserve. Da quell’amore Diego è colpito: dall’ammirazione passerà all’amicizia, e ne sarà così cambiato da insospettire quasi la moglie (così felice, che abbia un’amante?), poi vinta dal mutamento del marito che diventa un padre modello e finisce per migliorare il loro rapporto. Se non che, Diego scopre che la vita di Walid è piena di segreti. Prima lo porta misteriosamente nel suo paese. Poi all’improvviso sparisce, e lui finisce nel mirino di persone che lo cercano, e forse lo vogliono morto: servizi segreti italiani, trafficanti arabi, assassini… Ma chi è veramente Walid?,Dal romanzo di Giancarlo De Cataldo, Ricky Tognazzi – che mancava al cinema da oltre dieci anni: ultimo film unicamente suo, Canone inverso – ricava un’opera sovrabbondante e confusa, più vicina a film tv in due prime serate Rai o Mediaset (come già il titolo sembra richiamare, così simile a L’onore e il rispetto ed epigoni). Agli inizi da regista (Ultrà, La scorta) Tognazzi si fece notare per certe qualità “adrenaliniche” che lo facevano sembrare un buon mestierante all’americana, di quelli che sanno organizzare scene complesse di inseguimenti, fughe e sparatorie senza rinunciare alla definizione dei suoi personaggi, per quanto un po’ sbrigativa. Poi il suo cinema (a parte qualche rara puntata con interpretazioni in film altrui (ma non quelli della compagna Simona Izzo…) è diventato pigro e barocco, pesante e appunto televisivo. E alla tv in dieci anni di assenza dal cinema si è rivolto; anche in spot da attore un po’ imbarazzanti nell’imitare la leggerezza ironia del grande padre Ugo. ,Ne Il padre e lo straniero, poteva contare anche su attori di un certo livello: Alessandro Gassman ce la mette tutta ma è un po’ spaesato in un film che sfugge da tutte le parti, ma l’egiziano Amr Waked (star nel suo Paese ma visto anche in film internazionali come Syriana) buca lo schermo e Ksenia Rappoport è più brava di quanto un ruolo solo accennato richieda; mentre Leo Gullotta, se non è molto credibile come agente segreto, fornisce comunque ambiguità al personaggio. È, come sempre in operazioni tanto lacrimose nelle intenzioni quanto poco sincere come ispirazione, la struttura a non permettere agli attori di rifulgere davvero: la storia fa acqua e suggerisce una sceneggiatura poco coerente; la musica arabeggiante è eccessiva, la location italiana non restituisce una Roma misteriosa come vorrebbe ma la rende astratta e irrealistica (rendendo vacui e teorici anche i temi che dovrebbero “toccare” lo spettatore) mentre quella araba è il peggio dell’esotismo; e le scene d’azione di Tognazzi, ormai, sembrano più confuse che efficaci. Senza contare che suona stucchevole l’ennesima storia in cui il personaggio occidentale deve per forza avere un ingiustificato complesso di inferiorità rispetto a quello “terzomondista” (ma solo sulla carta, il poveraccio qui è l’italiano), non suffragato dalle banalità messe in bocca al buon Walid.,Antonio Autieri,