La storia è ambientata in Paraguay dove un giovane di buona famiglia, in piena crisi di ribellione adolescenziale, cerca di emanciparsi dalla famiglia spacciando droga, ma rimane invischiato in un giro di narcotrafficanti, che lo credono un infiltrato della polizia e perciò lo vogliono morto, e di poliziotti corrotti che lo sequestrano per estorcere denaro al padre. Trovato per caso in fin di vita sul greto di un torrente dai ragazzi di una parrocchia, viene aiutato dal parroco che – grazie ad alcuni amici, ai ragazzi della parrocchia e alla fervente preghiera – riesce a salvarlo e restituirlo alla famiglia. Che dopo questa esperienza si ritrova più unita e riconciliata.

In questa produzione paraguayana-ispano-argentina, che ha vinto numerosi premi in festival di argomento religioso, il regista Marcelo Torcida, autore anche della sceneggiatura, tenta di raccontare una storia di degrado e resurrezione grazie all’impegno cristiano e alla preghiera. Purtroppo il risultato è una storia per nulla appassionante. Tutti i personaggi rispondono ai cliché più scontati: i narcotrafficanti brutali; i genitori benestanti con il padre ricco che non ha mai tempo per la famiglia, trascura la moglie e ha un’amante; i poliziotti corrotti; gli investigatori privati che fanno il doppio gioco; i bravi ragazzi della parrocchia che costruiscono strumenti musicali con i rifiuti riciclati. Insomma, una sceneggiatura così scontata e prevedibile da conoscere il finale già dalle prime sequenze, in cui tutto accade come ci si aspetta che accada.

Evidentemente, Il missionario è un film pensato più con intenti didattici ed educativi (forse in una scuola media cattolica o come supporto didattico al catechismo per ragazzini che si preparano alla Cresima potrebbe essere apprezzato) piuttosto che per emozionare lo spettatore coinvolgendolo in una storia. Ma se può essere anche utile in un contesto strettamente religioso, bisogna chiarire che il cinema è un’altra cosa. Il film di Torcida assomiglia più a un edificante fervorino morale in forma filmata, che esorta i ragazzi a non frequentare cattive compagnie e affidarsi di più alla preghiera. Spiace dirlo, perché i contenuti sarebbero anche positivi; ma sarebbero stati più efficaci se fosse stato lasciato al pubblico il gusto di giungervi da solo, senza scodellarglieli già bell’e pronti e allineati in bella mostra.

Roberto Gambuti

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