Nonostante il nome, Edoardo Winspeare è un italiano, e un italiano fortemente radicato nella tradizione del mezzogiorno. I suoi primi film, Pizzicata e Sangue vivo, dimostrano un attaccamento alla Puglia, ai suoi costumi e alla sua gente, che trovano affettuosa conferma anche in questo film. Il miracolo di cui il giovane protagonista sembra essere destinatario, è molteplice: è rimasto vivo e incolume dopo essere stato investito e a seguito di una intensa luce che dice di aver visto, tocca con le mani un malato in arresto cardiaco che si riprende immediatamente. Ma all’innocente interrogarsi del bambino e all’affettuosa accondiscendenza della madre fanno da contraltare da una parte le preoccupazioni del padre, assillato da problemi economici e speranzoso della potenziale notorietà del figlio e dall’altra il tribolato rapporto con la scontrosa Cinzia, la solitaria ragazza che l’ha investito, fuggendo immediatamente per poi cercarlo. Winspeare tratta con grande delicatezza tutti questi aspetti, attento a mantenere intatta la domanda del bambino, che da tutti i rapporti e gli incontri vorrebbe capire il perché di quello che è successo, per comprendere meglio sé stesso e gli altri. E il vero miracolo, sembra suggerire il regista (anche attraverso belle riprese della preparazione della festa patronale) è proprio frutto di questa purezza, ce permette di vedere le cose per quello che sono: i genitori, gli amici i grandi. Uno sguardo realistico, capace di gioia e che non si tira indietro davanti al dolore, anche quando scopre la propria impotenza.,