Una famiglia in cui evidentemente scorre una vena di follia quella di Pat Solitano (Bradley Cooper, qui decisamente più convincente che nei suoi vari blockbuster, come per esempio Una notte da leoni e sequel). Lui, con una sindrome bipolare diagnosticata tardivamente dopo che ha quasi ammazzato di botte l’amante della moglie, ha sicuramente ereditato una certa propensione alla violenza dal padre Pat Sr. (Robert De Niro) che non può entrare nello stadio degli amati Philadelphia Eagle a causa del suo temperamento incontrollabile, ma è deciso a cambiare le cose… È grazie alla fiducia di sua madre (la cui unica, augurabile, pazzia consiste proprio nel non perdere la speranza di fronte a quel figlio che non sa come aiutare) che Pat ha una seconda possibilità. E così, rifiutati i farmaci che lo rendono confuso, armato solo di un motto e della decisione di vedere il lato positivo (l’orlo argenteo delle nuvole, il Silver Lining del titolo originale), il nostro è deciso a riconquistare la moglie e a rimettersi in carreggiata. Buoni propositi che l’oggettiva gravità del suo disturbo (che lui stesso rifiuta di riconoscere fino in fondo) e una realtà che si rivela più ostile del previsto (la moglie ha fatto diramare un ordine restrittivo nei suoi confronti, cosicché Pat non può nemmeno avvicinarla) rischiano di far crollare.

Come spesso capita, nei buoni film come nella vita, è un incontro imprevisto e imprevedibile a rimettere tutto in discussione. Tiffany, giovane vedova che reagisce al lutto esibendo un comportamento “disinibito”, di problemi e disagi mentali ne ha almeno quanti Pat. Ma anche lei è decisa a non farsi schiacciare e per prima intuisce che, forse, in due possono trovare una via di risalita dal caos che li ha travolti. Poco importa se per convincere Pat della stessa cosa debba ricorrere alla menzogna e al ricatto; l’importante è non rinunciare a tentare di essere felici… Il film di David O’Russell, all’apparenza così diverso dal suo precedente The Fighter nei contenuti ma non nello stile (che anche qui resta quello per nulla patinato di una pellicola indipendente, con la macchina da presa che si stringe sui volti dei personaggi, li pedina e li accompagna nel loro viaggio senza compiacimenti), è in realtà più vicino a quel titolo di quanto possa apparire. Qui come allora protagonista è una tensione profonda (e per questo così appassionante e condivisibile) dell’umano verso il reale: alla ricerca di un punto di contatto, di un senso, tanto più difficile da trovare quanto si perde in una mente intaccata dalla malattia mentale, che i farmaci possono forse placare, ma non sradicare.

Un tema drammatico, che però O’ Russell riesce a trattare con il giusto equilibrio di leggerezza e serietà, senza sottovalutare le difficoltà di chi con un bipolare deve convivere (né per altro quelle del bipolare stesso, sospeso tra entusiasmo e disperazione, spesso incapace di bloccare la propria aggressività, così come di riconoscere le proprie responsabilità), descrivendo con realismo gli scoppi di Pat, riproducendone il linguaggio privo di inibizioni, le manie e le fissazioni, che mettono a dura prova la disponibilità dei genitori. Ma è solo quando entra in scena Tiffany (una Jennifer Lawrence straordinariamente matura ed efficace in un ruolo complesso, che per questo ruolo ha vinto l’Oscar come miglior attrice protagonista) che la partita entra nel vivo. Perché sulla carta due pazzie dovrebbero solo produrre un disastro e invece…

A metà tra la commedia brillante d’altri tempi e un modernissimo dramma familiare, Il lato positivo è un inno alla forza della solidarietà tra persone (siano esse familiari, amici o futuri- compagni), un invito non scontato e non semplicistico a lottare per scoprire che non siamo esauriti dal limite, per quanto grave e invalidante esso possa essere. Perché se il limite, come la malattia di Pat, resta, è vero anche però che esso non definisce una persona capace di stupire e stupirsi di fronte alla realtà, di esultare per un giudizio mediocre se questo significa il rinsaldarsi di un rapporto e la rinascita di una famiglia. Perché dopo tutto serve più coraggio a scommettere sul positivo che a buttare a mare la propria vita e quella degli altri.

Luisa Cotta Ramosino