Remake di un classico Disney nel 1977 (realizzato a suo tempo con un mix di live action e cartoon, come a suo tempo Mary Poppins), la pellicola di Lowery mantiene una piacevole ambientazione vintage (e del resto nel mondo di cellulari e selfie il drago invisibile farebbe in pochi minuti il giro del mondo, e addio mistero) ma aggiorna un poco la storia facendo del piccolo Pete (sopravvissuto all’incidente che ha ucciso i suoi genitori) l’ennesimo “bambino selvaggio” di questa stagione cinematografica (segue l’indimenticabile Mowgli del remake de Il libro della giungla, ma anche il signore delle scimmie de La leggenda di Tarzan), salvato da una natura bella ma insidiosa e da una bestia che decide di adottarlo e proteggerlo.

Qui la bestia è un enorme drago verde e peloso con un muso che appare spaventoso solo agli occhi di chi è deciso a combatterlo, ma che nei confronti di Pete ha solo la dolcezza di un cagnone (ricorda un po’ il drago de La storia infinita, ma i magici effetti della neozelandese Weta lo rendono incredibilmente realistico, anche con i suoi incredibili camuffamenti) e la protettività di un genitore adottivo.

Il bisogno di famiglia e la necessità di un genitore che protegga e nello stesso tempo lanci un bambino nell’avventura della vita è centrale in questa storia di genitori perduti e ritrovati,  di bambini in cerca di guide e di adulti che hanno bisogno di ritrovare l’innocenza dello sguardo dell’infanzia.

Pur nella sua semplicità e ingenuità (la trama è elementare e qua e là non priva di buchi) Il drago invisibile  ha una sua grazia e originalità nel panorama del cinema per famiglie e fa buon uso di un bel gruppo di attori (anche l’ormai decrepito Robert Redford, qui nel ruolo del vecchio saggio con qualche guizzo da vecchio ribelle) per puntellare la parabola del piccolo Pete, che dopo essere sopravvissuto alla perdita del mondo umano grazie a un drago dovrà affrontare il rientro nella civiltà grazie all’amore di una famiglia adottiva.

Ambientalista (ma in una maniera più tradizionale che progressista), elegiaco nel ritrarre una di quelle piccole comunità rurali americane che hanno fatto la storia del cinema (bambini in bicicletta, vecchi ponti, bus scolastici, la strada principale attorno a cui ruota tutto e uno sceriffo bonario e giustamente incredulo), smaccatamente pro family (si tratti di esseri umani o di draghi, tutti abbiamo bisogno di una famiglia) il film non ha la genialità della ripresa delle avventure di Mowgli e degli animali della giungla, ma tocca il cuore nei momenti giusti e un volo in groppa ad un drago verde e peloso non può che convertire alla magia anche i cuori più  duri e cinici.

Laura Cotta Ramosino