Sembra quasi superfluo aggiungere altri commenti dopo tutto quanto è stato detto finora del libro di Dan Brown, un romanzo dalle argomentazioni risibili e offensive, ma che almeno ha il pregio di una discreta suspense e un puzzle di incastri che costringe ad arrivare alla fine del libro. Spaventoso è stato invece il can can mediatico intorno al film (addirittura un treno dedicato, per trasportare i giornalisti da Londra a Cannes e permetter loro di intervistare i protagonisti), quasi 1000 copie del film diffuse sul mercato italiano, nessuna anteprima per la stampa per alimentare la segretezza, pubblicità ossessiva, trasmissioni televisive e copertura stampa senza pari. Con queste premesse, un ottimo regista e un cast di attori di grandi capacità era lecito attendersi un film magari oltraggioso per il sentimento religioso di molti, ma che almeno conservasse quella tensione e quell’enigmaticità che hanno fatto del libro un successo mondiale. Ma dopo tutto questo dispiegamento di mezzi, la montagna ha partorito il classico topolino: Il codice Da Vinci è un thriller pretenzioso e mediocre, un polpettone hollywoodiano che a tratti sfiora il ridicolo, un film che di certo non farà la gloria né di Ron Howard (regista con ben altri meriti), né tantomeno di Tom Hanks e colleghi. Senza entrare nel castello di fandonie e di menzogne virulente a carico della Chiesa e dei poveri seguaci dell’Opus Dei, il film dimostra comunque tutti i limiti di un film dai larghi mezzi e dalle scarse vedute. Per rimanere fedele il più possibile alle settecento e passa pagine del libro, il film abbonda nello sproloquio, nelle frasi ripetute tre o quattro volte, nella spiegazione a ogni piè sospinto della storia della casata che all’origine vede Gesù e la Maddalena, nel didascalismo esasperato. Ne risulta un film verboso nei dialoghi, cupo ma senza il fascino del tenebroso, criptico ma non misterioso, agitato ma scarso proprio nelle scene d’azione, del quale si salvano giusto un paio di situazioni: l’ammiccante spiegazione visiva di come Leonardo avrebbe rappresentato la Maddalena al posto di Giovanni ne ‘L’ultima cena’ e gli effetti speciali sulla tomba di Newton. Stop. Per dare il maggior spazio possibile alla storia e alle sue complicanze, il film sacrifica anche i personaggi: Paul Bettany dovrebbe essere il killer ossessionato che incute terrore, ma al massimo ispira compassione, McKellan si pavoneggia e parla troppo, i personaggi di Hanks e della Tautou sono poco più che sgrezzati. Quasi quasi, il più efficace resta l’odioso commissario interpretato da Jean Reno. Quel che resta delle due ore e mezza del film è una pellicola inferiore a prodotti simili anche se assai meno pretenziosi, come Il mistero dei Templari e lontana anni luce dalla serie di Indiana Jones. Al di là della curiosità iniziale, non ci vorrà molto al pubblico per scoprire che il re è nudo.,

Beppe Musicco