Fatto oggetto dell’attenzione a dir poco spasmodica di schiere di fan sparse in tutto il globo (anche grazie ad un trailer tra i più belli degli ultimi tempi), Il Ritorno del Cavaliere oscuro arriva nelle sale italiane già carico di aspettative enormi, che, come spesso accade, possono essere un trampolino, ma anche un fardello difficile da portare. La saga dell’uomo pipistrello si è sempre caratterizzata per l’importanza dei personaggi “cattivi”, che nella lotta inesausta per la giustizia a Gotham di volta in volta si contrappongono al paladino oscuro. Batman, personaggio sfuggente e poco incline alla conversazione, come (super)eroe si definisce soprattutto per contrasto rispetto ai suoi acerrimi rivali, i quali, oltre alla passione per maschera e costume, spesso spartiscono con lui qualcosa della sua grandezza, seppur in una versione distorta e malata. Significativa in questo senso la disturbante e lucida pazzia di Joker, il più rappresentativo degli anti-Batman anche al cinema, dove le interpretazioni di Jack Nicholson (nel primo Batman di Tim Burton) e di Heath Ledger (nel primo Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan) lo hanno reso una figura di villain che non trova paragoni negli altri comic-movie e forse anche nel cinema in generale.
Gli avversari di Batman sono sempre degli alter-ego e per superarli Batman deve sempre superare se stesso, quella parte oscura di sè di cui il cattivo è quasi sempre una diretta proiezione nel mondo. Il ritorno del Cavaliere Oscuro sviluppa questo tema che era già esplicito nei primi due episodi della trilogia e lo estremizza nel personaggio di Bane interpretato da un sempre eccellente Tom Hardy (Bronson, La talpa, Warrior): un attore – vietato non conoscerlo – che ha il fisico di Lou Ferrigno e le capacità attoriali di Marlon Brando. Bane è un cattivo meno famoso, che anche nel fumetto compare poco, ma che qui è il personaggio perfetto che permette a Nolan (anche sceneggiatore insieme al fratello) di chiudere il cerchio della trilogia, ricongiungendosi idealmente al suo primo Batman Begins e alla figura di Ra’s al Ghul (Liam Neeson), l’ideatore della famigerata Setta delle Ombre e (cattivo) maestro sia di Bane che di Batman. Bane e Batman sono simili, hanno ricevuto lo stesso addestramento e a loro modo si sono spinti oltre: l’uno scegliendo di passare dalla parte del bene, l’altro all’opposto estremizzando la violenza di Ra’s al Ghul.
L’entrata in scena di Bruce Wayne è particolarmente atipica: lo troviamo che vive segregato in casa, con la barba incolta e un bastone che lo aiuta a camminare. Provato nel fisico e nell’animo, rinnegato dalla città che ha difeso: è l’eroe che è uscito vincitore e sconfitto dallo scontro con Joker e Due Facce. Batman appare fragile, addirittura incapace di opporsi a chi ruba in casa sua. La fragilità fisica (segno di una più grave fragilità interiore) esplode con l’arrivo di Bane. Bane è, almeno per tre quarti del film, nettamente più forte di Batman. Joker era più astuto, Bane invece lo sovrasta nella forza fisica, letteralmente lo mette al tappeto in uno scontro largamente anticipato dal trailer e il cui esito non appare mai incerto. Nolan è poi bravissimo a gestire l’impatto emotivo di questa sconfitta, e lo fa consegnando buoni 20 minuti del film nelle mani di Bane, libero di dispiegare la sua forza in modo spettacolare (chi non ha visto l’incredibile sequenza della partita di football?) mentre Batman sparisce completamente dalla narrazione, per lo sgomento crescente del pubblico in sala. Fino a questo punto Il ritorno del cavaliere oscuro è tutto quello che deve essere: ritmo, intrattenimento, capacità di riprendere i fili dei capitoli precedenti e anche, soprattutto, grande cinema. Il film è molto più di una rilettura di Batman o di un film di supereroi. E’ un’interpretazione del mondo, pieno di venature e inquietudini apocalittiche. Nolan si serve dell’aspetto cupo di Batman per raccontare le inquietudini e le insicurezze di oggi (da questo punto di vista il film è molto simile a Inception). Nel finale però qualcosa va storto, i personaggi femminili girano a vuoto (Anne Hathaway lo fa in tuta attillata sulla bat-moto, Marion Cotillard nemmeno questo), alcune chiusure sono frettolose, altre davvero telefonate. Il colpo di scena c’è ma è più dannoso che utile. Non diciamo di più.
Il ritorno del cavaliere oscuro si colloca così, in una classifica interna alla trilogia di Nolan, molto più in alto rispetto al primo Batman Begins, senza però raggiungere Il cavaliere oscuro, saldamente in testa. E il problema è tutto in alcune ingenuità di scrittura che pesano quasi esclusivamente sul finale e che costituiscono un errore insolito per Nolan, il quale ci aveva abituato ad una narrazione ricca fino alla ridondanza, con storie (su tutti Inception) che casomai accumulano senza poi chiudere. Qui invece, forse anche per la preoccupazione di chiudere non solo un film, ma anche tutta la trilogia, alcune soluzioni appaiono fin troppo meditate e inevitabilmente didascaliche.
Eliseo Boldrin