Partendo da un minuto di girato per un cortometraggio intitolato Veronica – su un’amica che si spoglia in una piazza: ma la pellicola finisce sul più bello… – tre aspiranti registi vorrebbero fare il grande salto del lungometraggio. Divisi sulla stessa concezione di film e di storie da raccontare (il neorealismo più sfrenato? Il cinema all’americana? Lo sperimentalismo?), troveranno l’uomo della provvidenza in un produttore (proprio il produttore del film, Gianluca Arcopinto, che fa se stesso), più interessato però a ingaggiare uno dei tre per le partitelle calcistiche tra produttori e giovani di belle speranze, che al soggetto della loro sofferta opera prima. Potrebbe sembrare un’operazione fin troppo autoreferenziale quella realizzata da Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, all’epoca neoregisti con discrete esperienze di vario genere nei diversi campi del mondo del cinema che lasciavano sperare in un buon futuro di questo terzetto. La storia, estensione di un cortometraggio premiato in rassegne specializzate, è infatti più autobiografica che mai: tre amici vogliono fare un film; entusiasmo (iniziale) tanto, mezzi zero, idee confuse. Tranne quest’ultimo aspetto – l’opera, mai banale, racchiude alcune idee di cinema geniali: come l’intervallo tra primo e secondo tempo – è l’esatta fotografia di un film fatto con pochissimi soldi alla maniera di certi film stranieri. Ma i paragoni con Clerks – per il bianco e nero, la goliardia, l’utilizzo di attori-amici e mezzi di fortuna – o con film nel film come Si gira a Manhattan rendono solo in parte l’idea. Abbondano i momenti esilaranti (le crisi creative, gli amici che dissuadono, lo scettico del gruppo che proclama che «il cinema è un’altra cosa…», i personaggi bislacchi, le partitelle di calcio coatte), apprezzabili soprattutto da chi condivide la stessa passione ossessiva per il cinema e magari lo stesso sogno nel cassetto. Parodia affettuosa di tanti luoghi comuni e anche delle esaltazioni di chi si muove con goffo amore per la settima arte, Il caricatore non esclude un sacrosanto seppur implicito monito: lasciate perdere finanziamenti e problemi pratici, fondamentale è il “sacro fuoco”. Se manca quello, manca tutto. È questo, forse l’aspetto più prezioso di una pellicola che, senza bandire una naturale dose di malinconia (quanta tenerezza suscita la zia che chiede al nipote di vedere un suo film prima di morire), rivendica il predominio della passione – vera, non programmatica – sulla tecnica. Senza escludere il talento, ovviamente, che non mancava al simpatico terzetto. Ma il loro successivo, più costoso La vita è una sòla, non fu all’altezza dell’esordio; e il tentativo di proseguire con regie “a sei mani” si interruppe. In seguito il solo Cappuccio ha proseguito come regista, con buoni esiti (Volevo solo dormirle addosso, Uno su due, Se sei così ti dico sì), ma Massimo Gaudioso è un apprezzato sceneggiatore (Gomorra, Benvenuti al Sud) e Fabio Nunziata un ottimo montatore (Uno su due, diretto dallo stesso Cappuccio, il doc Napoli Napoli Napoli di Abel Ferrara). Facevano già parte del mondo del cinema, ne sono diventati protagonisti.

Antonio Autieri

Il film è a disposizione integralmente su  http://vimeo.com/21990258