Ne Il capo perfetto, Blanco è il proprietario di una fabbrica di bilance. È stimato e ben voluto; si prende cura dei suoi dipendenti e sta per vincere un premio molto ambito. L’unica minaccia viene da un dipendente licenziato che si piazza fuori dalla fabbrica chiedendo giustizia…

Dopo I lunedì al sole ed Escobar – Il fascino del male, Fernando León de Aranoa e Javier Bardem tornano a lavorare insieme ne Il capo perfetto candidato agli Oscar per la Spagna. Il film di de Aranoa è una black comedy sul mondo del lavoro e su come si debba sempre scavare oltre l’apparenza per trovare la realtà dei rapporti e il vero animo delle persone. Grande interpretazione di Javier Bardem nei panni di Blanco, un capo apparentemente perfetto, che dice di volersi far carico dei problemi dei suoi dipendenti, di considerarli una famiglia ma che cela tratti di meschinità e sottile prepotenza. Ad esempio tradisce la moglie con le stagiste più giovani e belle, si intromette nella vita privata dei dipendenti per evitare che il loro rendimento in ditta cali; raccoglie informazioni personali per poi ricattare finché non trova qualcuno più scaltro di lui che lo intrappola. Lo scopo di Blanco è mantenere tutto in equilibrio – d’altra parte produce bilance – e dimostrarsi giusto agli occhi degli altri.

Il film parte con toni da commedia per crescere sempre più in chiave black quando Blanco si dimostra capace di tutto per fare in modo che la sua impresa vinca un premio ambizioso che manca alla collezione. Il capo perfetto, che ha una durata temporale di otto giorni, da lunedì a lunedì, ha un buon ritmo ma risulta troppo incentrato sull’indubbia bravura di Bardem mentre alcune figure finiscono per essere schiacciate e altre un po’ si perdono. Il lavoro di de Aranoa è comunque una convincente metafora sul potere e le sue derive; un potere all’apparenza umano ma in realtà cinico, calcolatore e insensibile.

Aldo Artosin

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