I miserabili (Gran Premio della Giuria a Cannes 2019) si apre con una colossale scena di massa presa dalla realtà: la Francia vince i mondiali del 2018 e una folla incontenibile si riversa lungo gli Champs Élysées fino all’Arco di Trionfo. Un ragazzo di colore avvolto in una bandiera francese e i suoi amici scavalcano i tornelli della metro per raggiungere la moltitudine e unirsi a questo momento di gioia collettiva. Ma si capisce presto che tutta questa euforia e senso di comunità, nel film di Ladj Ly è solo un’illusione.

Subito dopo la scena si sposta a Montfermeil, la località della cintura parigina dove Victor Hugo ambientò parte del suo capolavoro I miserabili e ora uno dei tanti luoghi della banlieue preda delle tensioni etniche. Ruiz (Damine Bonnard) è un poliziotto, nuovo membro della SCU (Street Crime Unit, la squadra che controlla le strade), e che ha il compito di mantenere il delicato equilibrio tra i vari centri di potere che gestiscono i casermoni di cemento, dai vari gruppi criminali, agli spacciatori nigeriani e fino agli organizzati e rigidissimi Fratelli Musulmani. Ruiz deve rispondere però al suo capo pattuglia Chris (Alexis Manenti, anche sceneggiatore del film), cinico e razzista, abituato a mantenere la pace sociale attraverso una serie di compromessi e chiudendo sovente un occhio su quel che accade. Il terzo uomo della pattuglia è Gwada (Djebril Zonda) di origini africane, un uomo ormai abituato a mordersi la lingua e inghiottire ogni commento razzista di Chris.

Dall’altra parte vediamo Issa, uno dei ragazzi che prima festeggiavano la vittoria e ora alle prese con la giustizia per aver rubato galline da un pollaio di un rumeno, e Buzz, un ragazzo tranquillo, che passa gran parte del tempo sui tetti col suo drone cercando di spiare le ragazze. Le cose però si complicano quando col drone riprende anche una violenta irruzione della SCU che cerca proprio Issa che, desideroso di avere un cucciolo, ha rubato un leoncino dal circo di slavi arrivato nel quartiere. Le cose degenerano rapidamente, col rischio che scoppi una vera guerra etnica.

Il regista moltiplica i fattori di stress sui suoi personaggi, mostrando la tensione montante in ognuno di loro e seguendoli nelle loro dimore, per mostrare come lo squallore in cui vivono non faccia che acuire le loro mentalità già tese e cariche di sospetto. Ladj Ly riprende la maggior parte del film con una chiara verosimiglianza che deriva dall’essere cresciuto nella zona ed essendo passato per la maggior parte delle situazioni che porta sullo schermo.

In questo senso I miserabili, assieme a L’odio di Mathieu Kassovitz e Dheepan di Jacques Audiard è uno dei pochi film che affronta apertamente la situazione esplosiva delle periferie francesi, della povertà appena mitigata dall’assistenzialismo, l’influenza del razzismo, il senso di prigionia che aleggia nei quartieri-ghetto. Così il film è un esempio vivido di opera che usa il genere poliziesco per rivelare un realismo sociale e inserendosi volutamente nell’ambito politico. Disincantato, a volte cinico (la coscienza della differenza tra il bene e il male fa solo capolino in alcuni personaggi), il film è una triste appendice all’omonimo romanzo del 1862 di Victor Hugo, ma nel cui solco mostra ancora efficacemente come miseria e oppressione siano ben lungi dall’essere scomparse nel nostro mondo tecnologico.

Ma al tempo stesso, se non risparmia le critiche alla Polizia e allo Stato, punta il dito contro tutti quegli adulti che cianciano di rispetto e di diritti o sono pronti a scatenare disordini (come già successe nel 2005), senza curarsi o sminuendo il futuro dei propri figli, destinati a ritrovarsi in un caos dal quale sarà difficilissimo uscire.

Beppe Musicco