Documentario esageratamente agiografico, I am Greta (on demand su Chili dal 14 novembre) ripercorre la storia della giovane attivista Greta Thunberg a partire dal 2018 fino ad arrivare al febbraio 2020, concludendosi con la traversata in barca a vela intrapresa dalla protagonista per partecipare alla conferenza di New York sull’ambiente.
Le prime scene la ritraggono nel periodo in cui era poco più che una quindicenne svedese, dotata solo di un grande spirito d’iniziativa e di un cartello di protesta contro il cambiamento climatico. La crescita sua e del suo movimento vengono seguite attraverso immagini focalizzate tanto sulla vita quotidiana quanto su quella pubblica, che appaiono però edulcorate e costruite appositamente a scopo propagandistico.
L’assenza di approfondimento o problematizzazione delle questioni scottanti portate a galla dalle sue iniziative costringerebbe dunque lo spettatore a parteggiare per il personaggio, se non fosse che l’intento celebrativo è talmente smaccato da infastidire chiunque abbia un interesse per il tema, o anche solo una passione per l’onestà intellettuale di cui ogni documentarista dovrebbe disporre. Il tutto appare dunque alquanto ricattatorio, dotandosi peraltro di un tale livello di costruzione delle inquadrature e delle situazioni ritratte (firmate dal regista Nathan Grossman) da far domandare se ogni singola scena non sia stata ricreata appositamente con l’intento di essere ripresa. Il risultato è dunque un ritratto parziale tanto del personaggio quanto del tema in sé, che ha forse un unico effetto positivo: quello di spingere lo spettatore a trovare altri luoghi e altri metodi attraverso i quali documentarsi.
Letizia Cilea