Prima parte del capitolo finale della saga di Susan Collins, questo film paga lo scotto dell’avidità hollywoodiana che (come in altri celebri antecedenti, da Harry Potter a Twilight) ha portato a dividere in due un unico volume della saga, con la prevedibile necessità di dilatare il materiale narrativo in modo non sempre appropriato. Messa da parte questa premessa, tuttavia, bisogna dire che gli autori si sono ingegnati per dare alla vicenda di questo film un suo sensato e compiuto arco narrativo, preferendo ridurre le scene “action” (che invece nei Giochi erano protagoniste dei capitoli precedenti) a vantaggio di un percorso fatto di riflessioni ambiziose (sul potere, sulla propaganda, sulla lealtà) e approfondimento psicologico, prima di tutto dell’eroina Katniss, che grazie anche alla performance della sua interprete Jennifer Lawrence sostiene davvero l’intero film.

Troviamo Katniss, tormentata dagli incubi, ma soprattutto dal rimorso per essere stata salvata mentre il compagno Peeta è nelle mani del crudele presidente Snow, a Capitol City. Il luogo dove si trova è il mondo sotterraneo del Distretto 13, una sorta di enorme bunker dove si prepara la rivolta contro gli abusi della capitale e si spera di unire i distretti vessati sotto il vessillo della Ghiandaia imitatrice. A disegnare il piano, Plutarch Heavensbee (Seymour Hoffman al suo ultimo ruolo), che già era stato dietro la spettacolare fuga di Katniss dall’Arena; a portarlo avanti la dura presidente Coin (Julianne Moore), una figura non priva di ambiguità, che gestisce la sua gente e il suo potere con disciplina militaresca, ma impara presto il valore di una buona propaganda… Una buona parte del racconto, infatti, si gioca sulla costruzione del consenso (interno e degli altri distretti) a partire dalla mitizzazione di Katniss e della sua sfida al potere, sempre in bilico tra l’autenticità irriducibile di lei e le esigenze del marketing rivoluzionario (con una scena in cui Katniss sbaglia le battute che strappa non poche risate). Dall’altra parte, intanto, anche se sono venute meno le stravaganti celebrazioni della Capitale, Snow non esita a usare proprio Peeta come contro-arma…

Il piano della trama principale s’intreccia qui con l’anomalo triangolo protagonista dei romanzi della Collins, struggente proprio perché molto meno ovvio dei suoi antecedenti fantasy. Katniss è sì divisa tra due partner completamente diversi (il coraggioso Gale, compagno di caccia, e il fragile ma generoso Peeta), ma la sua storia e il suo percorso sono solo suoi e la portano a fare scelte drammatiche e a pagarne le conseguenze.

Se possibile ancora più cupo dei due precedenti questo terzo capitolo di Hunger Games, a causa della violenza non solo fisica ma psicologica che fa parte integrante del racconto, appare un oggetto inquietante per un pubblico di giovanissimi, mentre i dilemmi e gli approfondimenti, pieni di riferimenti all’oggi, saranno forse apprezzati più dal pubblico adulto che da quello degli adolescenti.,La regia di Francis Lawrence è asciutta ed efficace, capace di mimare le modalità da guerrilla filmmaking con cui si svolgono le uscite di Katniss tra le rovine dei distretti, mentre appare particolarmente riuscita la sequenza (non presente nel romanzo) in cui si segue in montaggio alternato la spedizione inviata a liberare Peeta e gli altri Tributi mentre Katniss (e prima di lei Finnick, personaggio che compare forse troppo poco nel film) affronta la sua nemesi Snow a colpi di rivelazioni… Se lo spettatore più sensibile avvertirà i momenti di eccessiva dilatazione così come la sua natura di ponte rispetto al gran finale previsto tra un anno, il film resta in ogni caso stimolante per la sua ambizione di andare oltre il livello medio degli young adult per lavorare su personaggi e temi in modo complesso e tutt’altro che scontato.

Luisa Cotta Ramosino