Tre anni fa il primo Hotel Transylvania, diventato successo in parte imprevisto al botteghino, aveva messo in scena un castello dove Dracula, convertitosi a imprenditore, offre rifugio ai mostri, gente strana ma tutto sommato innocua, da un mondo umano molto più terribile e pericoloso (degli umani inferociti erano i responsabili della morte dell’amata moglie e delle molte ansie nei confronti della figlia adolescente). Il film, a dispetto dell’ambientazione in stile horror classico (tra licantropi, uomini invisibili, blob e creature assortite) era in realtà un inno alla famiglia, alla tolleranza e all’accettazione reciproca tra diversi. Del resto anche l’umano Johnny, che conquista il cuore della figlia di Dracula, era così strano di suo da trovarsi meglio tra i mostri che tra i suoi simili.
Stessa linea persegue questo secondo episodio, dove il nonno vampiro assai ammorbidito Dracula guarda con preoccupazione il nipotino che ride felice in mezzo ai coetanei lupacchiotti (la famiglia del lupo mannaro, 300 figli e moglie sempre incinta, è una delle cose più divertenti della pellicola) ma non “zanna” e per colpa di una madre iperapprensiva ha come eroe il mostro delle torte, trasparente satira di certi programmi per bambini più interessati a impartire insegnamenti utili (condividere, no agli zuccheri) che a chiamare le cose con il loro nome. Quello tra Dracula e la figlia è un po’ lo scontro tra due modelli educativi (quello vecchio stile più ruvido e aperto a rischi e incidenti e quello più soft, protettivo e affermativo della nuova scuola). Ma anche ad essere conservatori si trova sempre qualcuno più conservatore di te: così il nonno Dracula si troverà a proteggere il nipotino “diverso” (insieme a tutta la famiglia acquisita umana) dal suo stesso padre, Vlad e dalla sua schiera di vampiri non civilizzati che gli umani ancora li dissanguerebbe volentieri.
Dopo un avvio un po’ lento (il film si prende tempo per raccontare il matrimonio di Mavis e Johnny, la gravidanza e i primi anni di Dennis) la storia prende quota quando Dracula e la sua combriccola iniziano un viaggio clandestino nei luoghi della loro gioventù per stimolare il giovane nipote in un atipico road movie pieno di sorprese. Anche i luoghi del terrore però non sono più come una volta (nella foresta maledetta ora c’è una pista da running e le potenziali vittime sono più interessate ai selfie che a scappare urlanti, il campo scout vampiro politically correct manda in bestia in povero Dracula) e pure i nostri hanno perso un po’ l’aggressività. Mettiamoci pure che Dennis, a furia di rieducazione materna, quando pensa a pipistrelli ed esseri superpotenti che volano dice Batman al posto di vampiro e ce n’è abbastanza per mandare in crisi il nonno.
Il secondo capitolo di Hotel Transylvania (ma c’è da scommettere che ce ne saranno altri) si fa perdonare qualche gag un po’ sopra le righe e fine a se stessa (la sceneggiatura è firmata tra gli altri anche da Adam Sandler, non sempre una garanzia di buon gusto) grazie a un ritmo incalzante e diversi tocchi di citazionismo cinefilo (il vecchio scorbutico Vlad ha nell’originale la voce del mitico Mel Brooks) che se non lo trasformano in un capolavoro stile Pixar, ne fanno un intrattenimento convincente per tutta la famiglia.
Laura Cotta Ramosino