2028: a Los Angeles è in atto una rivolta, con manifestanti che chiedono acqua pulita e forze di polizia che rispondono con violenza. Intanto, quattro uomini mascherati asaltano una banca, ma il colpo va male. Per il capo della gang l’imperativo è salvare il ferito gravemente: l’unica soluzione è portarlo all’Hotel Artemis, albergo fatiscente che in realtà è da anni un costoso ospedale privato e riservatissimo per criminali in cerca di segretezza. Un luogo cupo ma all’avanguardia e gestito da una strana infermiera, tanto abile quanto scostante e con qualche peso sull’anima, assistita da un gigantesco assistente. In una notte convulsa si troveranno lì anche altri personaggi, a rischio della vita o con il compito di toglierla ad altri.
Ha il sapore un po’ retrò del glorioso cinema di “serie B” di una volta, questo Hotel Artemis, che mescola echi di film anche importanti (il copiatissimo Distretto 13 di John Carpenter) e ottimi film di genere recenti come Snowpiercer e in particolare la saga di John Wick, ma anche – appunto – tanti b movie del passato, dove tanta azione, attori di nome (seppur a volte un po’ decaduti) e qualche spunto intrigante bastavano e avanzavano per soddisfare il pubblico. Oggi, con un contesto mutato dove gli amanti dei generi trovano poco pane per i loro denti al cinema e emigrano verso le frontiere narrative della serialità televisiva, Hotel Artemis è condannato all’anonimato: un po’ anche per difetti suoi, tra dilatazione delle premesse iniziali e confusione eccessiva (un po’ complicato star dietro alle varie e intricate storie), solo in parte riscattati da un finale incalzante ed efficace. E con troppi personaggi stereotipati, nonostante l’impegno di un buon cast.
Però ci sono anche varie frecce all’arco di Drew Pearce, produttore e sceneggiatore (con tanta tv nel suo curriculum ma anche la collaborazione agli script di Iron Man 3 e Mission: Impossibile – Rogue Nation) al suo debutto alla regia: il già citato finale avvincente, l’azione a tratti tosta negli spazi stretti e claustrofobici dell’hotel, le scenografie cupe e quasi infernali in questo “girone” che è questo albergo/ospedale; qualche attore di classe come Jeff Goldblum o in parte come Dave Bautista e Sofia Boutella.
Ma sopra ogni cosa, il film si fa ricordare per il personaggio dell’infermiera e per la prova sofferta e convincente della protagonista, una Jodie Foster assente da anni dai set e che fa rimpiangere le poche occasioni di vederla negli ultimi anni (l’ultimo exploit è Carnage, del 2011). Il suo dolore segreto, che un po’ alla volta emerge, colpisce al cuore come pure la sua dedizione agli altri, condanna e missione al tempo stesso. Elementi anche a rischio di retorica, se non fosse per l’intensità di una delle più grandi interpreti di sempre, che regala sprazzi del suo talento a questo b movie dell’estate 2019.
Luigi De Giorgio