Hill of Vision inizia nel 1941. Mario è un bambino nato dalla relazione tra l’antifascista americana Lucy e il fascista Luciano. Dopo la separazione, madre e figlio si rifugiano sulle Dolomiti. Prima di essere arrestata, Lucy affida il bambino a una famiglia locale. Malgrado si trovi bene con loro, Mario decide di andare in cerca della madre; si ritrova solo, a vivere per strada di furti ed espedienti per mangiare. Dopo anni difficili, alla fine della guerra ritrova la madre scampata ai campi di concentramento; con lei parte per gli Stati Uniti dove entrambi vengono accolti dalla comunità quacchera “Hill of Vision” dove vivono gli zii Edward e Sarah. Ma l’animo di Mario è troppo inquieto per riuscire a vivere con serenità…
Roberto Faenza (Sostiene Pereira, Jona che visse nel ventre della balena, Prendimi l’anima) in Hill of Vision racconta infanzia e adolescenza di Mario Capecchi, premio Nobel per la medicina 2007. Anni difficilissimi per il piccolo che patisce molto l’abbandono della madre Lucy (Laura Haddock) che non voleva metterlo in pericolo vista la sua attività antifascista. Vediamo Mario (Lorenzo Camei e Jack Donald-Crookes) diventare vagabondo, ladro, senza un posto dove dormire. Lo vediamo stringere amicizia con Frank e Fratello, una ragazzina e un bambino disperati come lui. Insieme saranno respinti da Luciano (Francesco Montanari) padre violento e dedito all’alcool di Mario. I tre, dopo un furto, finiranno in orfanotrofio dove don Piero si prenderà cura di loro, in particolare di Mario “cui vuole salvare l’anima”. Una vita segnata dalla morte, quella della sua cara amica Frank, uccisa da un bombardamento e dalla solitudine. Anche negli Stati Uniti la vita del ragazzo sarà difficile; troppo inqueto per accettare le regole della comunità quacchera e troppo sofferente per la malattia mentale che colpisce la madre reduce dai campi di concentramento. Espulso da una scuola che non ne coglie le potenzialità, Mario sembra non trovare il suo posto nel mondo malgrado gli zii Edward (Edward Holcroft) e Sarah (Elisa Lasowski) si prendano molto cura di lui.
Roberto Faenza ci racconta tutto questo in maniera leggera, con un film che vuole lanciare un messaggio di speranza, pensato soprattutto per un pubblico di bambini e famiglie. Non si coglie fino in fondo però la drammaticità di quanto vissuto dal protagonista che sembra più che altro al centro di una grande avventura e lo stile della messa in scena è troppo da fiction Tv. Se da una parte Hill of Vision ha il merito di incuriosire perché racconta una storia vera, dall’altra ha il limite di non far capire allo spettatore come un ragazzo con quel passato sia poi riuscito a diventare un premio Nobel.
stefano radice
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