La prima nota di conforto, per chi si accinge a vedere il film, è che non è necessario aver letto il libro. Le centinaia di pagine uscite dalla penna creativa della scrittrice inglese J.K. Rowling sono ben stipate nell’oltre due ore e mezza del film diretto da Chris Columbus. La storia, per chi ancora non la sapesse, è un interessante approccio alla magia, che non si svolge in un regno incantato (come potrebbero essere Narnia o Oz), ma tra Londra e il Surrey, nell’Inghilterra contemporanea. Harry Potter intuisce di essere diverso dai suoi coetanei e dagli ottusi parenti che lo ospitano in quanto orfano. La rivelazione di essere un mago (anche se ancora da educare), gli svelerà un mondo magico che si cela tra le pieghe e oltre i muri del mondo assai banale riservato a noi babbani (è così che i maghi chiamano chi non ha poteri). Diagon Alley, il collegio di Hogwarts, la casa dei Wesasley sono luoghi pieni di mistero e sorprese, di cui gli effetti speciali riescono splendidamente a restituire il fascino e l’incanto e provocano nello spettatore un moto di ammirazione. Pur in quello che potrebbe apparire un mix discutibile tra magia e realtà, Harry Potter si tiene alla larga da certe preoccupanti fascinazioni (alla Buffy, tanto per intenderci): la scuola per maghi di Hogwarts è solidamente schierata dalla parte del bene, grazie anche alle solide presenze del suo preside Albus Silente e di molta parte del corpo insegnante (e tra tutti spicca la bella figura del gigantesco Hagrid). Ma Harry, come ogni eroe che si rispetti, dovrà superare egualmente molte prove; essenziale per lui sarà il sostegno di amici come Hermione e Ron. L’amicizia è uno dei fondamenti di questo film, come del resto in tutti i libri della saga, e la tenacia e l’affetto che legano i ragazzi mitiga anche una certa tendenza di Harry alla mancanza di rispetto per le regole. Pur apparendo molto “gotico” nei suoi aspetti, il mondo dei libri e dei film di Harry Potter ha solidi legami con quello dei racconti di Roald Dahl (Willy Wonka, Matilda, Le streghe) e può essere un’interessante introduzione anche a opere per lettori un po’ più grandicelli, come quelle di Tolkien e Lewis.,Beppe Musicco