È stato un viaggio lungo, tortuoso e ricco di colpi di scena (anche se anticipati dai libri), quello che ha avuto inizio un decennio fa e che finalmente arriva al suo compimento con Harry Potter e i doni della morte: Parte II.,Il ragazzino del 2001 ora è un giovane fatto e finito, pronto per trovarsi faccia a faccia con “Colui che non deve essere nominato”, in uno scontro epico tra il bene e il male. Una resa dei conti tesa e mozzafiato, che ben si giunta alla prima parte de I doni della morte e che sottolinea l’isolamento di Harry, Ron e Hermione, superando però le divisioni dei tre del film precedente: un ritrovarsi dato dall’urgenza, dalle necessità, dalla ritrovata amicizia ma anche dal finalmente dichiarato affetto tra Ron e Hermione. La seconda parte comincia esattamente da dove la pellicola precedente si interrompeva, al trionfo di Voldemort che si è impossessato della potentissima bacchetta di sambuco, già appartenuta ad Albus Silente. L’atmosfera è resa ancor più opprimente dalla visione degli studenti di Hogwarts, silenziosi, irreggimentati e guardati a vista dai dissennatori che si librano sopra il cortile della scuola. Resta pochissimo tempo ai tre amici per recuperare e distruggere i rimanenti Horcrux, nei quali Voldemort ha nascosto parte del suo essere. Girato in un 3D abbastanza “leggero”, il film di David Yates sembra approfittarne soprattutto nella lunga discesa dei protagonisti nei sotterranei della Banca Gringott, una scena che sembra trasportata di peso da un film di Indiana Jones, e che si conclude nientemeno che in groppa a un drago sputa fuoco. Al di là delle scene sensazionali, dei grandi effetti speciali, dell’uso del digitale come peraltro dei trucchi e delle protesi, l’ultimo episodio della saga probabilmente verrà ricordato per le rivelazioni (sempre per chi non ha letto i libri) sul passato del professor Severus Piton, interpretato da quel grande attore inglese che è Alan Rickman (capace di passare con scioltezza da da Jane Austen a Die Hard a Harry Potter mantenendo una grande dignità e presenza scenica: speriamo di vederlo presto in altre prove). L’altra cosa che sicuramente va notata è lo spazio che regista e sceneggiatori riescono a dedicare a personaggi solo all’apparenza secondari. Uno tra tutti Neville Paciock, vero deus ex machina nella lotta contro Voldemort. Paciock, come molti altri personaggi, è una di quelle figure essenziali, che nel libro “ancorano” i protagonisti a una realtà a noi conosciuta: la scuola, gli affetti familiari, il vivere con una nonna anziana, e per questo contribuiscono a umanizzare la vicenda e rendere più vivace anche l’interagire dei tre protagonisti. Purtroppo questo aspetto di vita “comune” forzatamente nel film si perde, dando molto più spazio a momenti eclatanti e guerreschi (che in quest’ultimo episodio molto debbono anche alle visioni tolkeniane de Il Signore degli Anelli). Con una conclusione spostata in avanti nel tempo, che lascia intravedere un futuro pacifico e familiare per tutti i protagonisti, la lunga saga del maghetto di Hogwarts si congeda, di certo lasciando una pietra di paragone per tutti quelli che d’ora in poi, vorranno cimentarsi con il genere fantasy e d’avventura per ragazzi.,Beppe Musicco