I film dei Guardiani della Galassia sono una sorta di saga su una famiglia adottiva che attraversa situazioni complicate con la grazia di un elefante in una cristalleria, e sono stati da subito accolti come una tregua dalla forma esasperata che segna gran parte dei titoli banalmente autoriflessivi nell’universo cinematografico Marvel. A questo proposito, Guardiani della Galassia Vol. 3 è piacevolmente familiare, impiegando grandi pezzi d’azione nel contesto di una storia incentrata sui Guardiani che cercano di salvare Rocket (nell’originale ha la voce di Bradley Cooper) da una morte quasi certa.

Il film inizia su Knowhere, la testa fluttuante e mozzata di un cattivo essere Celestiale, che i Guardiani hanno utilizzato come base operativa dall’ultima volta che li abbiamo visti in Avengers: Endgame. Dopo che un attacco dell’apparentemente indistruttibile Warlock (Will Poulter) lascia Rocket in condizioni critiche, Quill/Star Lord (Chris Pratt) riunisce il suo equipaggio per scoprire le origini del loro migliore amico procione al fine di procurargli le cure salvavita di cui ha bisogno.

Lungo la strada, i Guardiani si riuniscono con Gamora (Zoe Saldana), ancora colpita dall’amnesia, che si è unita ai ranghi dei Ravagers sotto la guida di Stakar Ogord (Sylvester Stallone). L’equipaggio deve infiltrarsi in un’enorme entità spaziale che ospita una società simile a una setta sotto la guida dell’Alto Evoluzionario (interpretato con un certo aplomb da Chukwudi Iwuji), che ha condotto test su varie specie con l’ambizione di costruire una società perfetta. E qui si scopre che Rocket era una volta uno dei suoi esperimenti.

La trama principale è intervallata da flashback dell’infanzia di Rocket e della successiva reclusione, e quest’ultima abbonda di intense raffigurazioni di torture sugli animali. Ma mentre la trama principale si muove per lo più rapidamente, questa vicenda, ambientata nella sudicia camera degli orrori dell’Alto Evoluzionario, soffre di una discrepanza: Gunn non sposa mai completamente con successo la brutale rappresentazione di animali con arti robotici usati come armi con l’allegra melodia della trama principale. Anche nel contesto del mondo dell’Alto Evoluzionario, è difficile sapere cosa prendere sul serio; soprattutto dato che Warlock sembra avere la coscienza di un paracarro.

Guardiani della Galassia Vol.3 ha certamente un ritmo frenetico e, come i suoi due predecessori, è una boccata d’aria fresca nell’appiattito contesto dell’universo cinematografico Marvel. Sebbene faccia riferimento a un paio di battute e a un punto della trama dello speciale natalizio dell’anno scorso (uscito su Disney+), rimane in un contesto “familiare”, viaggiando insieme a una squadra amichevole in una missione di facile comprensione. Come notato da molti, il film ricorda in alcuni punti la serie originale di Star Trek: una sensazione che è ulteriormente rafforzata da diversi set che sono molto ispirati all’estetica di quel classico della fantascienza.

Ma come nei primi due film, bisogna essere disposti ad accettare il buono e il meno buono. Ci sono momenti di grande raffinatezza e Dave Bautista, nei panni di Drax, è affascinante come sempre. Ma dello Star Lord di Pratt, con la sua propensione a sembrare un cervo davanti ai fari, e a suo agio nel suo ruolo di battutista, rimane poco (e questo ci manca). Inoltre, non aiuta il fatto che il film non manchi di personaggi secondari senza uno scopo reale e che non bilanci mai efficacemente il suo tono più serio con il suo desiderio di essere due ore di divertimento per il pubblico di tutte le età.

Così questo vol. 3 è un’allegoria su padri e figli, famiglie sia biologiche che adottive, e le possibilità di una vera amicizia che ti salva la vita. Ma non è una novità, né per l’MCU né per questo filone. Per alcuni, essere avvolti in questa familiarità sarà sufficiente. Ma altri potrebbero desiderare più della performance di Iwuji, se non altro per desiderare che questo Vol. 3 non sia sostituito dall’ennesimo prodotto sempre uguale.

Beppe Musicco

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