L’agenzia cripto-zoologica M.O.N.A.R.C.H. studia e sorveglia i Titani, gigantesche creature sepolte da millenni: gli antichi dominatori del pianeta. La dottoressa Emma Russell mette a punto un sistema per comunicare con i mostri; quando una delle creature è risvegliata, la scienziata è rapita insieme alla figlia Madison da un gruppo eco-terroristico che vuole i mostri ridestati dal letargo. Tocca a Mark, zoologo e padre assente che ha perso il figlio a causa di Godzilla, salvare la famiglia e aiutare l’agenzia a ripristinare il perduto equilibrio naturale del pianeta: la convivenza dell’essere umano con i Titani, in uno scontro per la supremazia del più forte.
King of the Monsters è un monster movie graficamente spettacolare, ogni fotogramma è una tavola animata, dipinta con passione e voglia di mostrare la grandezza delle icone giapponesi. Il regista e co-sceneggiatore Michael Dougherty, oltre a Godzilla (Godzilla, 1954), il mitico lucertolone mutato dalle radiazioni nucleari, mette in campo i Kaiju più famosi, partoriti dalla mente del maestro Ishirō Honda: Rodan (Rodan, il mostro alato, 1956), enorme pterodattilo preistorico, conosciuto come il demone del fuoco, Mothra (Mothra, 1961), falena bioluminescente, la protettrice della natura, e King Ghidorah (Ghidorah! Il mostro a tre teste, 1964), il Mostro Zero, drago tricefalo extra-terrestre che emette onde energetiche distruttive.
Se la maestosità visiva è il punto di forza di un monster movie mastodontico, la caratterizzazione dei personaggi e le scelte narrative sono i suoi punti deboli. Il sacrificio sbarra le porte a ogni possibilità di ricongiungimento dei personaggi, guidati da folli ideologie utopistiche che snaturano il concetto stesso di famiglia e azzerano il raziocinio scientifico; concetto sul quale il Godzilla di Gareth Edward poneva efficacemente il focus. L’uso di armi di distruzione di massa non sembra essere un problema per il genere umano che preferisce vivere da padrone in un mondo devastato e contaminato, piuttosto che condividere un pianeta rigoglioso di vita generata dalla “benefica” radioattività dei Titani. Il messaggio ambientalista sembra potente, ma non lo è, e Michael Dougherty lo manca volutamente, senza osare, con situazioni e battute da cliché efficaci per un monster movie da manuale, ma che non lasciano il segno.
King of the Monsters si concentra sulla forma e la potenza dei mostri, dando grandioso sfoggio delle loro peculiari caratteristiche: protagonisti assoluti di scontri coreografati in modo sublime attraverso una scelta cromatografica impeccabile che li identifica in modo univoco. Nello sgargiante affresco, i contrasti sono luminosi e abbaglianti, anche se scene di lotta in ambienti cupi e battuti dalla pioggia, in pieno stile Pacific Rim, non mancano. Se ai Titani è concesso di avere una “personalità”, lo stesso non si può dire dei personaggi: impotenti contro le forze primordiali che si abbattono sul mondo, gli esseri umani compiono gesta stupide e controproducenti per la risoluzione del conflitto di cui sono semplici spettatori, meritandosi l’estinzione che hanno scatenato.
Alessandro Pin