Nella giornata conclusiva del festival di Venezia (che si è svolto dal 2 al 12 settembre), spazio a film delle sezioni collaterali.

Film di chiusura di questa 77ma edizione della Mostra del Cinema, Lasciami andare (fuori concorso) è un thriller in salsa drammatica che tenta di affrontare il tema del lutto passando in rassegna tutti gli stereotipi del genere, mancando però completamente di originalità ed efficacia nella messa in scena. Marco e Clara hanno perso un figlio durante un tragico incidente domestico, e dopo aver voltato pagina – da separati, ciascuno per la sua strada – una misteriosa donna gli si presenta alla porta: tra le mura della loro vecchia casa, da lei recentemente acquistata, si aggira il fantasma del loro bambino. Storia a metà tra Il sesto senso e Casper, il film diretto da Stefano Mordini è un susseguirsi di errori, che su vari livelli intaccano la riuscita del film facendolo apparire a tratti addirittura ridicolo; se la debolezza più grande si trova in una scrittura banale e piena di buchi logici, non fa certo meglio l’interpretazione degli attori (Stefano Accorsi, Maya Sansa, Serena Rossi, Valeria Golino), evidentemente spaesati dall’inconsistenza dei loro personaggi come della stessa trama. Thriller con le ambizioni di un film drammatico sui temi dell’elaborazione del lutto, Lasciami andare finisce per essere né l’uno né l’altro, piegandosi sempre più nella sua insignificanza senza che mai un guizzo di vita riesca ad emergere in superficie.

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Ennesimo capolavoro del talentuosissimo documentarista Alex Gibney, Crazy, not insane (fuori concorso) segue passo passo la storia umana e professionale della neuropsichiatra Dorothy Lewis, appassionata studiosa della psiche umana che durante la sua formazione ha iniziato a porsi una domanda fondamentale per la comprensione del comportamento umano: il male nasce come qualità intrinseca in coloro che commettono omicidi, oppure è da imputare a traumi, esperienze e condizioni di vita attraversate dal soggetto? Magna quaestio senza dubbio, che il regista – con l’aiuto della Lewis e della splendida voce narrante di Laura Dern – riesce a tenere viva senza la pretesa di esaurirla: con la stessa passione e curiosità dell’investigatore, Gibney si dedica infatti all’analisi di semplici e dolorosissime storie di vita, incrociando gli studi della Lewis con stupende ricostruzioni grafiche delle vicende narrate, e interviste che spesso coinvolgono più punti di vista sulle varie questioni affrontate. Vera e propria lezione di documentarismo – e cinema puro, in alcuni casi – Crazy, not insane offre una bella prospettiva su mente e cuore dell’essere umano, sui loro punti più oscuri e sulle realtà, più o meno drammatiche, che conducono l’uomo verso il proprio destino.

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Folgorante esordio di Pietro Castellitto (figlio del celebre Sergio) alla regia, I predatori (sezione Orizzonti) racconta la problematicissima vita di un gruppo di personaggi, legati tra loro da varie relazioni e costantemente sull’orlo di una crisi di nervi. Metafora di un sistema di rapporti che gioca più sulla volontà di prevaricazione del singolo sul suo simile che sul reale significato dei legami, l’opera prima di Castellitto brilla di una scrittura fulminea e intelligentissima, che nel definire i suoi isterici protagonisti con tratti e gesti ancor più che con parole, riesce a creare una coesione ammirevole tra il singolo personaggio e il gruppo umano nel quale, più o meno a fatica, esso si inserisce. Legami-catena, quelli creati in I predatori, dai quali ciascuno cerca di liberarsi attraverso sotterfugi non privi talvolta di una certa violenza, simbolo di una società desiderosa di affermare la propria indipendenza dall’altro a costo di rinunciare a ciò che di bello c’è proprio nel senso della condivisione e della compassione. Se molte soluzioni estetiche e narrative ricordano il Sorrentino di La grande bellezza, le sfumature macchiettistiche di cui sono dotati questi esempi di umanità non sfociano mai davvero nell’inverosimile, rappresentando piuttosto una continua occasione di riflessione sulla nostra stessa condizione in un mondo complesso come quello contemporaneo.

Letizia Cilea 

 

Nella foto: Pietro Castellitto, attore e regista (esordiente) del film I predatori