Frank Adler (Chris Evans) vive in un paesino del profondo sud, per sbarcare il lunario ripara barche e sta crescendo Mary (Mckenna Grace), la figlia della sorella morta suicida. Quando Mary va a scuola emerge uno straordinario talento della bambina per la matematica, destando così l’interesse della maestra Bonnie (Jennie Slate). Frank però non vuole mandare la piccola in scuole per bambini più intelligenti, perché ha promesso alla sorella di darle una vita “normale”. E così sembra fare, fino a quando non ricompare la madre di Frank, nonna della bambina, intenzionata a dare a Mary un’educazione all’altezza della sua intelligenza; ma soprattutto intenzionata a portar via la piccola a Frank.
Marc Webb, che aveva esordito con il dolcissimo (500) giorni insieme, poi seguiti da due mediocri film sull’uomo ragno (i due The Amazing spiderman), lavora su una sceneggiatura di Tom Flynn, da anni nella “Black list” delle migliori sceneggiature ancora da realizzare. La trama sulla carta non è particolarmente originale, ricorda un po’ Kramer contro Kramer e E io mi gioco la bambina, però i dialoghi sono scritti con gusto e i personaggi sono meno banali di quanto possa sembrare. Webb da parte sua dirige bene, con uno stile molto “indie” (macchina a mano, illuminazione naturalistica) pur trattandosi di un film hollywoodiano al cento per cento, con un attenzione particolare alla direzione degli attori: Chris Evans non è mai stato così bravo: in genere le sue interpretazioni hanno sempre oscillato tra il “belloccio” e la “statua”, eppure nel ruolo di Frank è perfetto e credibile; straordinaria la piccola Mckenna Grace nel ruolo di Mary e pure la sempre brava Octavia Spencer (premio oscar per The Help) in un personaggio minore.
Gifted funziona molto, diverte, coinvolge, e in alcuni passaggi commuove veramente; infatti il vero motivo di interesse è il modo per nulla banale in cui descrive la paternità. Il cinema sentimentale negli ultimi anni, salvo rare eccezioni, o è cinico, o è patinato e spudoratamente finto, invece questo film ha un punto di verità nel modo in cui descrive l’amore gratuito e sincero di Frank per la piccola Mary. Certo, in alcuni passaggi eccede con il saccarosio nella voglia di commuovere a tutti i costi e strappare lacrime; ma è veramente commovente la scena in cui Frank porta la piccola in ospedale per farle vedere quanto un padre è felice della nascita di un figlio. E altrettanto commovente lo è anche quando Mary dice alla psicologa: «Frank è una brava persona, lui mi ha voluto prima che fossi intelligente».
Riccardo Copreni