Di cosa sono fatti i sogni? Roald Dahl, autore di tanti libri per bambini e ragazzi (che il cinema ha valorizzato più di una volta, da Willy Wonka a Matilda 6 mitica), lo sa, e ce lo ha raccontato nel GGG – Il Grande Gigante Gentile. Steven Spielberg, con la visionarietà e la capacità narrativa che lo contraddistinguono, ci mostra il paese dei Giganti: è una specie di discarica delle attività umane. Ci sono vecchi camion, relitti di navi, la ruota di un luna park. E soprattutto ci sono giganti che semplicemente divorano gli esseri umani, trovandoli assai gustosi. Mentre questi sono sempre alla ricerca di qualcuno da mangiare, il GGG passa il suo tempo cercando i sogni. Li scova in un posto che conosce solo lui, li cattura con una rete da farfalle, li imbottiglia, li etichetta con cura e in bella calligrafia. La notte poi si aggira per le strade di Londra, ascolta il battito del cuore dei bambini e con una tromba magica soffia i sogni direttamente nel loro inconscio. Come non pensare che in fondo Spielberg si identifichi anche lui col GGG, occupato com’è a creare sogni per gli spettatori di tutte le età, circondati da notizie noiose o deprimenti?
Sbaglierebbe chi trovasse la trama della storia troppo sottile per farci un film: Spielberg usa fino in fondo le possibilità dell’animazione digitale (e della figura di Mark Rylance – grande interprete del suo precedente film, il bellissimo Il ponte delle spie – su cui il GGG è modellato) per regalarci un sogno ricco di meraviglie e avventura, una volta tanto scevro da sequel e da godere così com’è.
La piccola Sophie (Ruby Barnhill, che si spera di incontrare ancora al cinema), è una bambina intelligente e assennata, visto che si occupa anche di fare quel che gli adulti (come spesso nei libri di Dahl) tralasciano: chiude le porte, raccoglie e ordina la posta, sgrida con autorevolezza gli ubriachi che schiamazzano sotto le finestre dell’orfanotrofio. E nel cuore della notte, ancora sveglia, vede quel che nessuno ha mai notato: un gigante che si aggira per le vie della città. Accortosi della piccola spia, il gigante afferra la bambina e a grandi balzi la porta nel suo paese: un luogo incantato, che lo sguardo del direttore della fotografia, il grande Janus Kaminski, rende in tutta la sua vastità e meraviglia, specie nel paragone con le minuscole dimensioni di Sophie. Ma quel che potrebbe sembrare una situazione drammatica per la bambina, viene acutamente bilanciato dalla calma e dalla bontà del gigante, dal suo eloquio bislacco e dalla sua dieta a base di una sorta di grossi e sgocciolanti cetrioli. Sophie e il gigante si scoprono complementari, hanno entrambi un passato spiacevole e si fanno quasi coraggio a vicenda: una dote che fino a quel momento sembra sia mancata al gigante, oggetto di sopraffazione e scherno (un gigante vegetariano!) da parte degli altri della sua razza. In un crescendo di tensione, che vedrà implicato anche l’esercito inglese e niente meno che la Regina, il Gigante Gentile e la piccola Sophie dovranno lottare per continuare a catturare i sogni e a farli arrivare ai bambini che dormono. Ora, grazie a Steven Spielberg, anche noi sappiamo di cosa sono fatti.
Beppe Musicco