Come suggerisce il titolo italiano del film, questa biografia della celebre fotografa Diane Arbus è una ricostruzione del suo immaginario: le sue personali ossessioni, represse da un contesto borghese, affiorano in successivi incontri con i freaks che popolano la soffitta sopra casa. Incontro di rottura nella monotona routine di Diane è Lionell, un uomo che nasconde il suo aspetto dietro una pelliccia di pelo, talmente folta da non far intravedere neppure le sue sembianze. Sarà lui il suo primo “ritratto”, scattato soltanto nel momento in cui l'uomo svela il suo aspetto in una patetica osmosi con la donna, finalmente pronta ad abbandonare il “pelo” borghese (le pellicce di cui si occupa il padre) per il nudismo hippy. ,La presunta liberazione sessuale diventa il momento forte di un film che, come la sua protagonista, è incerto e presuntuoso. Alla costruzione forte da biopic (con l'incipit in medias res e l'attenzione puntata su traumi infantili) si innesta una smaccata vena simbolica e citazionista. Lionell non è altro che la copia vuota di un eroe di Cocteau (ispirato a La bella e la bestia, riprende alcuni riferimenti estetici da Il testamento d'Orfeo), Diane è invece una novella Alice: la ragazza bene che attraverso un viaggio immaginario –preannunciato da un coniglio bianco e una chiave- sarà accompagnata nel paese del non senso che per il regista non è altro che il nostro subconscio. Non lontano da Secretary, il precedente successo del regista, Fur continua la linea di un regista che si sente già autore: ma conoscere l'opera di Cocteau non dà la licenza per poterlo emulare, lasciando in disparte la vera ispirazione del film, i lucidi ritratti della fotografa Diane. ,Daniela Persico,