Mississipi, 1862: Newton Knight, contadino americano, presta servizio militare nell’esercito sudista come soldato infermiere. In seguito alla morte del nipote in battaglia, decide di disertare i confederati e dedicarsi alla difesa delle fattorie e dei suoi paesani, i contadini della contea di Jones, dove fonda un atipico Stato indipendente. Ben presto attirerà l’attenzione e l’avversione dei sudisti e anche la loro violenza…

Uno scenario usurato dalla cinematografia – con molti punti ancora poco illuminati – fa da sfondo a una vicenda quasi sconosciuta al grande pubblico, almeno a quello italiano. È il caso di Free State of Jones, film di Gary Ross, al cui centro splende la stella di Matthew McConaughey, uno degli attori più richiesti e premiati a livello mondiale.

L’inizio è un pugno allo stomaco: un ospedale da campo, nel mezzo di una battaglia della Guerra di secessione americana (tuttora il conflitto maggiore svolto sul suolo statunitense): feriti, mutilati, operazioni chirurgiche disperate su corpi dilaniati. Fuori dall’ospedale imperversa uno scontro frontale tra due battaglioni nordisti e sudisti, che si affrontano a viso aperto e a suon di fucilate, una sequenza che riporta alla mente l’analoga scena di un capolavoro del cinema, Barry Lyndon di Stanley Kubrick.

La vicenda di Newton “Newt” Knight si adatta bene a un copione del genere – ci si chiede come mai non sia mai stata usata – e la pellicola ha un buon andamento, nonostante le 2 ore e 20 di durata. Perno del film è la prestazione attoriale di McConaughey, che negli ultimi anni sembra in stato di grazia (Dallas Buyers Club, The Wolf of Wall Street, la magnifica serie tv True detective, Interstellar), e a cui sembra che basti solo girarsi verso la macchina da presa per stupire il pubblico. Anche il resto del cast è degno di nota, soprattutto Gugu Mbatha-Raw (Rachel) e Mahershala Ali (Moses Washington), forse più conosciuto per il suo ruolo nella serie tv House of Cards, ma di fronte a McConaughey passano un po’ in secondo piano.

Il regista, Gary Ross (Hunger Games, Seabiscuit), punta sull’attore texano per affrontare un argomento rischioso, perché molto usato e che potrebbe facilmente scadere nella retorica e nel politically correct. Negli ultimi anni numerosi film hanno toccato, direttamente o indirettamente, il tema dell’integrazione razziale; anche pellicole notevoli, come 12 anni schiavo, The Butler e Lincoln.

Free State of Jones sembra andare alle origini del processo di emancipazione, che non è avvenuta in un battito di ciglia, ma ha richiesto – e richiede ancora? – tempo. Ross calca la mano sulla religiosità dei personaggi e sui ricorrenti rimandi alla Bibbia come possibili punti a cui guardare in situazioni di dolore e ingiustizia, come la guerra e la violenza razziale. In questo senso, sono molto significativi i dialoghi, tra i quali spicca quello tra Newt e i suoi compagni sulla possibilità o meno di possedere un uomo, «un figlio di Dio».

Interessante l’inserimento, attraverso l’uso del flashback, della vicenda più contemporanea del processo del 1948, dello Stato del Mississipi contro Davis Knight, imputato e pronipote di Newton, e della schiava Rachel; processo, unico per l’epoca, sul matrimonio misto che mostra come – ancora solo 70 anni fa – si fosse ben lontani dalla compiuta emancipazione.

Alessandro Giuntini