Difficile “maneggiare” un film strano, tanto da sembrare strampalato, come Fratelli in erba. Anche a causa del trailer di lancio e del titolo italiano che, a differenza dell’originale Leaves of Grass (ovvero “foglie d’erba”, è il titolo di una raccolta di Walt Withman), fanno pensare a una commedia demenziale. A dir la verità la prima parte del film sembra confermare questa impressione, con tanto di attore (Edward Norton, attore considerato prodigioso fino a dieci-dodici anni fa e poi disperso in scelte poco oculate) sdoppiato in due gemelli agli antipodi, uno professore universitario rispettabile e l’altro spacciatore di droghe. Così Bill, a Boston, vede una rapida crescita della carriera accademica ma anche rischi di avventure pruriginose non richieste da parte di studentesse assatanate, mentre Brady vive in Oklahoma – pur con una sua “etica” che gli impedisce di spacciare eroina e cocaina – costantemente perso nei fumi della marijuana che coltiva anche per conto terzi in una piantagione casalinga sviluppata con passione e puntiglio maniacale; anche se l’imminente arrivo di un figlio dalla futura moglie sembra poter fargli mettere la testa a posto, e smettere con traffici e consumo di spinelli. Per risolvere un problema di creditori infuriati, il gemello “villain” si fa credere morto dal consanguineo professore che, nonostante manchi da casa (per non rivedere più non solo il fratello ma anche la madre hippy, interpretata da una Susan Sarandon sempre bella ma qui poco utilizzata), si vede costretto a tornare nell’odiata Little Dixie. Rivedrà fratello e madre, cui comunque vuole bene nonostante avessero rischiato di rovinargli la vita, ma finirà coinvolto suo malgrado nelle vicende di Brady. ,A questo punto il film ha un deciso cambio di registro, e da una commedia un po’ inerte con qualche tocco di tenerezza (un possibile amore con una dolce professoressa del luogo, la riscoperta degli affetti di famiglia) e riflessioni anche non banali sull’uomo, su Dio e sul male («siamo animali, che guastano il mondo: collabori a ripararlo» raccomanda una donna rabbino al giovane professore), si trasforma in un pulp-noir che guarda un po’ ai Coen (con cui il regista-attore Tim Blake Nelson ha lavorato) e un po’ a tanti altri modelli del cinema indipendente. E continuando ad alternare, fino alla fine, scoppi di violenza esagerata – che portano alla tragedia, che però assomiglia più a una farsa venuta male – a momenti interessanti (come l’epilogo), ma sempre lasciando un’impressione di irresolutezza. Il punto debole di tutta la pellicola è proprio Norton, soprattutto nella sua variante “sciroccata” (sarebbe stato meglio cercare un altro attore, anche rinunciando alla somiglianza tra gemelli), che porta fuori strada lo spettatore con una trovata che promette sorrisi e non omicidi e colpi bassi: e quando Brady, da spacciatore tutto sommato simpatico, si trasforma in un vendicatore pronto a uccidere (ma anche a sacrificarsi per il fratello), la sterzata suona brusca e poco credibile. Di film che miracolosamente riescono a tenere insieme violenza e umorismo il cinema degli ultimi trent’anni è pieno (e i Coen, ma anche Tarantino, sono maestri in tal senso). Ma ci vuole una grande capacità nel mescolare con maestria ingredienti difficili da amalgamare. Operazione che in questo caso, pur con non pochi spunti interessanti, non è riuscita.,Antonio Autieri,

Fratelli in erba
Un professore di filosofia è costretto a tornare sui luoghi natii richiamato da motivi di famiglia. Ovvero un gemello e una madre che pensava di essersi lasciato alle spalle.