In Puglia era già leggenda, una di quelle storie di cui si dice: “bisognerebbe farne un film”. Presto detto, ci hanno pensato Alessandro Contessa e Onofrio Pepe: il primo ha scritto il soggetto con Alessia Lepore (a sua volta sceneggiatrice insieme al regista); il secondo, come “ambasciatore della pugliesità nel mondo”, è andato fino a New York a raccontare agli americani increduli (che lo ascoltano a volte perplessi, a volte partecipando al gioco) che ad Altamura – il paese in provincia di Bari famoso in tutto il mondo per la qualità del pane – gli ottimi affari di una rosticceria hanno costretto alla chiusura il punto vendita di McDonald’s che gli stava dirimpetto. Mentre Onofrio Pepe stuzzica orgoglioso newyorkesi provenienti da tutte le parti del mondo, intrattenendoli con la storia a lieto fine di Davide che batte Golia, dalle interviste agli artigiani di Altamura emerge la nostalgia condivisa di un mondo che sta quasi scomparendo e che rischia di portare via con sé gli ingredienti migliori con cui generazioni intere sono cresciute. Tra i padrini dell’operazione, che hanno accettato di comparire nel film, Michele Placido interpreta un proiezionista cinematografico in vena di amarcord, mentre i pimpanti Renzo Arbore e Lino Banfi si impegnano in una disputa gastronomica foggiano barese sul confronto tra “lampascioni” e funghi cardoncelli, altre delizie locali. Il governatore Nichi Vendola, infine, nel ruolo di un esercente cinematografico, paragona sconsolato la chiusura di tanti negozi artigianali, stritolati dai centri commerciali, a quella dei cinema di nicchia uccisi dai multisala.

Più che un blues, una pizzica o una taranta, ben spolverata d’origano come si conviene ad un prodotto pugliese. Un exploit divertito e divertente, più interessante nella parte “docu” – i bottegai immalinconiti al pensiero di essere gli ultimi della loro stirpe – che in quella “fiction” – dove la storia appiccicata di un bizzarro triangolo amoroso tra un fruttivendolo, una casalinga e un cafone locale rischia di allungare inutilmente il brodo. A volte si esagera con i toni trionfalistici ma il risultato, per quanto naïf, ispira simpatia. E lo slogan del film – per cui “abbiamo già tutto ciò di cui abbiamo bisogno: basta solo sceglierlo” – non è niente male.  

Raffaele Chiarulli