Si è annunciata per mesi come un grande kolossal dagli eccezionali effetti speciali l'ultima fatica di Ridley Scott, dedicata al patriarca biblico già portato sullo schermo dal classico I dieci comandamenti e più di recente con notevole sensibilità nel cartoon Il principe d'Egitto di Steven Spielberg. Gli effetti speciali, dispiegati sia nel raffigurare le bibliche piaghe che nell'apertura e chiusura del Mar Rosso sono, in effetti, tra le cose migliori del film, insieme alle scene di battaglia – un altro pezzo di bravura di Scott – in perfetto stile Il gladiatore. Tutta la prima parte del film, la più convincente del resto, è una riproposizione in chiave egizia del capolavoro di Scott con Christian Bale nei panni del generale che ha l'affetto e le preferenze del vecchio sovrano poco soddisfatto del proprio figlio di sangue. ,Che il Mosè che incontriamo all'inizio sia, con il primo di una serie di audaci e dubbi anacronismi, un agnostico in un paese pieno di dei e superstizioni è la prima nota poco convincente della storia che procederà poi seguendo superficialmente il racconto biblico, ma rileggendolo nell'ottica di una critica al fondamentalismo che sarà pure tanto di moda, ma che con questa storia c'entra poco o niente. L'agnostico Mosè che alla moglie suggerisce di lasciare che il figlio quanto a religione decida da grande, dopo una botta in testa ha la canonica apparizione del roveto ardente. E saputo da Dio che c'è bisogno di un generale per liberare gli ebrei dalla schiavitù, abbandona la famiglia e si dà da fare, prima cercando la via della contrattazione sindacale con Ramses (“scopriamo” che prima dell'opzione esodo ci fu la richiesta di cittadinanza e giusto salario) e poi quella della guerriglia alla Che Guevara. Visti i tempi lunghi di questa strada, però, l'onnipotente opta per cavallette, rane e calamità varie, che i maghi egiziani non riescono a spiegare ma alla fine piegano il Faraone.,Da questi pochi cenni si capisce la confusione teologica, oltre che drammaturgica, che regna nella pellicola: la rappresentazione umana di Dio (un bambino enigmatico, spesso capriccioso, impaziente e vendicativo) che ha offeso molti musulmani (il film è vietato oltre che in Egitto in diversi altri paesi di religione islamica) risulta più che altro talora involontariamente comica, con scene (che non anticipiamo) che paiono venire dritte dritte dal cult Brian di Nazareth e invece si prendono sempre molto sul serio. ,Il problema non secondario di questa pellicola, che vorrebbe raccontare la scoperta da parte del suo protagonista dell'appartenenza al “popolo della promessa” che attende la liberazione dal suo Dio, è l'assoluta mancanza di personalità riconoscibili all'infuori di Mosè stesso e del suo antagonista Ramses. A parte l'anziano saggio Nun, che rivela al patriarca la sua origine, gli ebrei restano una massa indistinta in cui ci si ricorda a stento di Aronne (praticamente senza battute) e Joshua/Giosuè solo perché ha i tratti del divo della serie Breaking Bad Aaron Paul. Anche Christian Bale nei panni del patriarca e Joel Edgerton in quelli di Ramses hanno in realtà poco su cui lavorare: così il primo si riduce spesso a una caricatura del profeta pazzo in continua contestazione del Dio di cui si fa portavoce; e il secondo si ripiega in una confusa aggressività che non assurge mai alla grandiosa negatività del Commodo de Il gladiatore. ,Se va riconosciuto al regista un gran senso dello spettacolo e della costruzione delle scene d'azione, questo Exodus resta, insieme a Le crociate, una delle sue operazioni più confuse e meno convincenti. In entrambi i casi l'impressione è che Ridley Scott non riesca a maneggiare un materiale di per sé ricco di potenzialità (di sicuro la storia di Mosè è, tra quelle dell'Antico Testamento, una delle più psicologicamente complesse) perché zavorrato da un pregiudizio ideologico che si mangia un po' tutto, dalla drammaturgia alla definizione dei personaggi. Il risultato è un pasticciaccio spettacolare in alcuni punti (anche se quasi mezz'ora di piaghe un po' stanca) ma con veramente poco di memorabile. ,Laura Cotta Ramosino,