Quando quell’uomo celebre come un re, ed era effettivamente “il” Re del Rock ‘n’ Roll, si presentò ai cancelli della Casa Bianca gli addetti alla sicurezza trasecolarono. Cosa ci faceva Elvis Presley quella mattina di dicembre del 1970 davanti alla residenza più famosa del mondo? Non la più grande, certo, e comunque molto somigliante alla sua Graceland… The King chiedeva un incontro con il presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon. Stanco di vedere il suo Paese contestato nelle piazze dai giovani, con l’oltraggio alla bandiera a stelle e strisce spesso bruciata, e nauseato dai “colleghi” del rock che spalleggiavano la contestazione, Presley offriva il suo aiuto. Con il sogno di diventare agente segreto sotto copertura…
Sembra fantascienza, a uno spettatore non americano. Negli States, invece, di quello storico incontro si parla ancora a distanza di quasi cinquant’anni. Un incontro a porte chiuse, di cui non ci sono registrazione ma solo una foto (la più richiesta all’archivio della Casa Bianca), aspetto decisivo per imbastire ipotesi su cosa si dissero quegli uomini così popolari e potenti. Elvis era amatissimo, anche se la sua popolarità era contrastata da altre star (come gli odiati Beatles, di cui parla male a Nixon, e Rolling Stones); Nixon non era ancora entrato nella sua parabola discendente, e tanto meno si poteva pensare che sarebbe finito così male con lo scandalo del Watergate. Tutto alla fine è plausibile e verosimile: il simpatico delirio di Presley, che va in giro armato e vuole servire il suo Paese contro “drogati e comunisti”, Nixon che prima snobba la sua richiesta e poi – dopo essersi fatto convincere, un po’ per l’immagine e un po’ per far contenta sua figlia – si entusiasma per questo ragazzone con cui condivide molto (entrambi erano di umili origini). Attorniato da collaboratori che prima spingono per i vantaggi che un tale personaggio può portare al Presidente (pensando ai fans-elettori…) e poi vanno nel panico per la difficoltà di gestire le stranezze della rockstar cos’ eccentrica nel vestire e nei modi…
Il film è un simpatico divertissment su un’impensabile affinità tra due uomini potenti e diversissimi tra loro, che non ha pretese storiche e si limita alla superficie dell’aneddoto (o presunto tale). I due grandi attori protagonisti sono lontani da una somiglianza reale con i rispettivi personaggi; e pur con tutta la loro bravura, il risultato a tratti è più simile alla macchietta. Soprattutto il Richard Nixon di Kevin Spacey, stranamente ingobbito; mentre Michael Shannon (attore sempre più bravo), pur se ci sembra poco Elvis, regala – con grande misura – almeno inquietudine e follia al divo che sembra un bambinone (come si vede dalla calligrafia della sua lettera, che svelava molto di sé) e che costringe l’amico e collaboratore Jerry Schilling a spalleggiarlo nell’impresa (con modi che alla fine fanno rischiare una rottura tra i due), che crede in se stesso ma è roso da insicurezze e dalla paura di non essere preso sul serio, che si dimostra molto più ligio e “inquadrato” di quanto si possa pensare (salvo non rispettare nulla del protocollo della Casa Bianca), che sinceramente pensa di potersi infiltrare – travestito! – in gruppi rock sospettati di tramare contro il governo… Un film godibile ma anche che difficilmente rimane nella memoria, con un paio di bei momenti e qualche buona battuta, ma che a differenza di altri film che reinventano o romanzano la Storia rimane un po’ fine a se stesso.
Antonio Autieri