È un blockbuster duro e puro il nuovo Dune di Denis Villeneuve, presentato Fuori Concorso alla 78ª Mostra del Cinema di Venezia e ora finalmente nei cinema di tutto il mondo,
Tratto dal lungo, omonimo libro scritto da Frank Herbert nel 1965 e già riadattato da David Lynch nel 1984, questo nuovo scintillante Dune segue quasi alla lettera la versione libresca della storia. Protagonista è il fresco volto di Timothée Chalamet, qui nei panni di Paul Atreides, figlio del duca Leto (Oscar Isaac) e di Lady Jessica (Rebecca Ferguson), ed erede di Arrakis, pianeta interamente desertico dalle cui sabbie si genera “la spezia”, una sostanza capace di allungare la vita e rendere possibili i viaggi nello spazio. Quando però antiche rivalità tra i popoli dei pianeti vicini si intrecciano a complotti manovrati dall’imperatore dell’universo, la casata degli Atreides viene sottratta del proprio potere e della propria casa, trovandosi costretta a combattere per riconquistarsi un posto nel mondo.
Scenari magnificenti, fughe al cardiopalma e combattimenti all’ultimo sangue dettano il ritmo di Dune, che letteralmente non ha badato a spese – la produzione conta un budget di circa 165 milioni di dollari – per offrire allo spettatore un’esperienza visiva rivoluzionaria. Lo sforzo tecnico è innegabilmente notevole, la struttura narrativa è dinamica e ben equilibrata nei tempi: nonostante le oltre due ore e mezza di durata Villeneuve intrattiene infatti in modo intelligente e senza mai perdere il ritmo del racconto. Le atmosfere riecheggiano Star Wars in più occasioni, complice l’ambientazione spesso “interstellare” e una certa frammentarietà del panorama dei – numerosi – personaggi coinvolti. Alla famiglia Atreides in particolare si dedica la scrittura, con un tentativo di approfondire l’interiorità dei personaggi principali che non sempre va a buon fine e che, soprattutto, raramente riesce a colpire al cuore lo spettatore: innegabilmente ricco – a tratti sovrabbondante – sul piano dell’esperienza di visione, il film di Villeneuve sembra insomma soffrire di un’eccessiva solennità dei toni e di una temperatura emotiva piuttosto bassa, tutti elementi cruciali per la riuscita di un racconto che rischia invece di lasciare il pubblico un po’ freddo e distaccato.
A contribuire all’allontanamento dello spettatore una colonna sonora, firmata da Hans Zimmer, che oltre a risultare respingente accompagna ogni plot twist, ogni singolo evento messo in scena, ogni scambio di battute, in un modo talmente invasivo da far uscire lo spettatore stordito, più che dalla pur mastodontica visione, dal sound stesso. In attesa del secondo capitolo, insomma, approviamo con riserva questo primo Dune, nella speranza che il secondo ci conduca a livelli di soddisfazione umana che il regista canadese – lo sappiamo – è capace di offrirci.
Letizia Cilea
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