Tratto da una storia vera, Dream Horse è la storia di come un paesino del Galles, spopolato e depauperato dalla chiusura della miniera locale, abbia trovato il riscatto in una modalità del tutto insolita. La vicenda era stata già mostrata nel documentario Dark Horse, che mostrava filmati di repertorio, ma la scelta di ricavarne un film con attori professionisti ci sembra alquanto azzeccata.

L’ambientazione sembrerebbe da film di Ken Loach: gente sfiduciata e senza soldi che si ritrova la sera mestamente a bere birra nell’unico circolo del paese. Ma non ci sono colpi da mettere a segno alle spalle dei ricchi, o lotte sindacali; solo una donna di mezza età (l’australiana Toni Collette, nella versione originale perfettamente a suo agio anche con l’accento gallese) che di giorno fa la cassiera in un supermercato e la sera la barista al circolo. Amante degli animali e insoddisfatta del solito tran tran (il marito è disoccupato da tempo e passa la giornata davanti al televisore), si lancia nella più improbabile delle avventure: comprare una giumenta, farla ingravidare e allevare il puledro perché possa partecipare alle gare ippiche. La proposta di tassarsi settimanalmente per far partire il progetto trova, abbastanza inspiegabilmente, la disponibilità di un variegato gruppo di cittadini (dalla macellaia al consigliere comunale, ma anche al beone del paese) spinti anche dall’orgoglio gallese sintetizzato nella parola hwyl (se volete lanciarvi nella pronuncia, ecco la trascrizione fonetica: ˈhuːɪl). Con le dieci sterline settimanali messe da ogni partecipante, dopo poco tempo l’associazione riesce ad acquistare una cavalla e farla inseminare da uno stallone a riposo. Il risultato è, nonostante la madre muoia di parto, la nascita di un vivace puledrino, cui viene dato il nome di Dream Alliance, a riprova di quanto sia il sogno di questa bizzarra alleanza. Aiutati da un consulente finanziario (Damian Lewis) che già ha avuto analoghe (e non felici) esperienze in merito, gli associati si mettono alla ricerca di chi possa allenare Dream Alliance in vista delle corse.

Ai nostri occhi di italiani a questo punto non è sempre facile cogliere come il film rimarchi le differenze tra gallesi delle classi popolari e aristocratici inglesi in fatto di linguaggio, accenti e frequentazioni sociali (che nel campo dell’ippica sono determinanti), ma il film, come nelle migliori tradizioni di questo tipo di commedie, mostra tappa dopo tappa l’evolversi positivo (ma non senza difficoltà) dello sviluppo del cavallo e del suo entourage, che poco alla volta viene notato anche dai media nazionali britannici.

Dream Horse così risulta una commedia in crescendo, spinta dal talento di Toni Collette e degli altri attori, dalla bellezza e stile del cavallo, da “Delilah” – una vecchia canzone di successo di Tom Jones (altra bandiera gallese) – e, probabilmente, dagli effetti dello hwyl.

Beppe Musicco

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