Il mondo è sovraffollato e allora occorre diventare miniature, occorre “downsizing” per vivere alla grande. Si vive meglio e si fa vivere meglio il pianeta con risultati evidenti: la spazzatura diventa irrisoria, i soldi si moltiplicano, le case sono lussuose. Non dimenticando che tutti (quelli che si sottopongono alla terapia della riduzione) possono smettere di lavorare, vivere come eterni pensionati, viaggiare e organizzare party sfrenati.
Con Downsizing – Vivere alla grande, Alexander Payne (Paradiso amaro, Nebraska) prova a riflettere su un nostro surreale futuro dove l’unico rimedio pratico escogitato è ridurre gli uomini all’altezza di 12 centimetri e ricreare ambienti e quartieri artificiali. C’è riuscito uno scienziato norvegese, dopo essersi sottoposto alla miniaturizzazione insieme a persone care e dopo essersi chiaramente votato alla causa. La notizia gira il mondo e arriva in quella città dove il tranquillo Paul (Matt Damon), fisioterapista del lavoro, vive, senza figli, insieme a sua moglie Audrey (Kristen Wiig). Sembra tutto perfetto per Paul. La sua è una vita piena di amici e di affetto. Solo che il suo lavoro e quello di sua moglie gli impediscono di comprare la casa dei sogni. Non c’è mutuo che potrebbe aiutarlo e così il vivere alla grande con un’altezza di 12 cm sembra l’unica soluzione per non avere paura del futuro; e inoltre non provare neppure l’ansia di provocare danni al pianeta. E così che, insieme a sua moglie, Paul è disposto a rinunciare a tutti i suoi legami. Fino a scoprire (tardi) che le promesse non sempre sono mantenute e che c’è qualcuno che, approfittandosene, usa la tecnologia avanzata per rimpicciolire dissidenti, per favorire l’immigrazione clandestina e anche per sfruttare i poveri che vivono nei quartieri emarginati, poco distanti dalle ricche case.
In 135 minuti (forse troppi) Downsizing prova a mostrare i desideri, le paure, le meschinità umane (si ride anche grazie ai personaggi di Christoph Waltz e di Udo Kier).
Però ci sono troppe cose che non tornano per tutto il film: ridursi è davvero l’unica via possibile di salvezza per l’umanità quando comunque serviranno sempre persone “normali” in grado di utilizzare le macchine che riducono la massa corporea? Davvero le persone in miniatura potranno avere una vita tranquilla, fare tutto quello che vogliono, con la loro scelta permanente e irreversibile? Raggiungeranno la felicità quando avranno tutto il tempo a disposizione?

Con domande alle quali il film non risponde (natura, creato e animali sarebbero tutti da ridurre), con il suo dichiarato intento ambientalista e vagamente nichilista, il film non convince del tutto; anche perché – dopo un inizio surreale ma divertente – a un certo punto la narrazione gira decisamente a vuoto; e il personaggio di Gong Jiang è buffo e simpatico ma un po’ troppo sopra le righe per farci credere al lato sentimentale della seconda parte del film. Mentre sul versante “ideologico” Vivere alla grande – la promessa del sottotitolo italiano – diventa un sogno illusorio. Talmente illusorio che il regista e il suo sceneggiatore Jim Taylor devono inventarsi un improbabile risvolto distopico.

Emanuela Genovese