Una Firenze, appestata e lasciva, incornicia una storia tanto ammiccante quanto scialba, i cui protagonisti (pittori o suore, preti o servette, duchi o nobildonne) son più interessati ai genitali altrui che a dir battute di una qualche intelligenza. In principio c’è un pittore, che fu ladro, intento a dipingere angioletti sulla volta di una chiesa (che sia il Duomo di Firenze poco importa) e che ben presto si ingegna ad esser prete, mestiere che assicura il pane e non richiede troppo sforzo. In questa nuova veste è anche il narratore degli intrecci d’amore e di spada che vedono la smilza Pampinea Anastagi (Misha Burton) contesa tra il perfido Gerbino de la Ratta (Tim Roth) e il duca di Novgorod suo promesso sposo. Ad incrociar lo sguardo (e le labbra) di Pampinea è anche il giovane Lorenzo De Lamberti (Christensen) a cui Gerbino dà la caccia in quanto rivale molto più pericoloso del fantomatico duca nordico.,Colonna sonora anacronistica e spesso fuori luogo, attori bellocci, tante tette e riferimenti sessuali più o meno velati concludono la brodaglia servita da David Leland alla tavola dei film giovanilistici, ma il sapore è insipido e alla lunga annoia. Ci si mette pure Elisabetta Canalis a mostrar le grazie, come se non le avessimo già viste abbastanza, e forte si annida il dubbio che tanta (letteralmente) carne al fuoco sia stata messa per colmar i vuoti di sceneggiatura, oltre che la totale carenza di “carattere” della Burton.,Se, da una parte, i meno esigenti si potranno accontentare di qualche suora lasciva, di belle figliole dai seni prosperosi e di banali tentazioni carnali, dall’altra la memoria corre nostalgica alla leggiadra falcata della Fenech, nuda in un prato fiorito, in “Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda”: film vecchio di trent’anni e forse non culturalmente elevato, ma che dimostra quanto un tempo anche questo genere di film riuscissero meglio.,Andrea Cassina,